Di Ester Corvi
Un gestore famoso come Peter Lynch diceva "investi in ciò che conosci". Può sembrare solo un consiglio di buon senso, ma sul quale conviene riflettere prima di decidere la migliore asset allocation di portafoglio in vista del 2013. Con un proposito in più. Quello di diversificare al massimo il rischio, inserendo una quota in strumenti finanziari che replicano l'andamento dei prezzi delle materie prime.
Molti esperti hanno infatti dimostrato che le commodity (con qualche eccezione) hanno generalmente una bassa correlazione con l'andamento delle azioni e dei titoli di stato. E' preferibile però puntare su un basket di commodity, piuttosto che su una sola, per diluire il più possibile il rischio tenendo presente che si sta parlando di prodotti (dall'agricoltura ai metalli industriali a quelli preziosi) che seguono logiche diverse. Per non citare l'oro, che è essenzialmente un bene rifugio.
Secondo gli esperti di Barclays Capital, le materie prime che nel 2013 avranno maggiori spazi di rialzo sono il rame, il nickel e lo stagno, fra metalli industriali, l'oro, il platino e il palladio, fra i preziosi, e il cacao fra i prodotti agricoli. Qualsiasi sia l'obiettivo, ecco i cinque modi più usati per investire in materie prime.
1) Future. Il modo più diretto di investire in commody è tramite il mercato dei future, dove oltre ai contratti sulle commodity fisiche si scambiano contratti su tassi di interesse, valute, indici finanziari e così via. Si tratta però di un mercato molto volatile e rischioso, decisamente poco adatto all'investitore retail a meno che non sia in possesso di adeguate conoscenze tecniche. Uno dei future più trattati è quello sul petrolio che secondo Damien Grulier, analista di Exane Derivatives, dovrebbe restare nel range 90/120 dollari nei prossimi mesi. Sebbene il costo di produzione sia in rialzo, la relativa debolezza della domanda e le minacce di utilizzo delle riserve strategiche da parte dei Paesi occidentali, in caso di interruzione della produzione in Medio Oriente, limiteranno un'impennata dei prezzi.
2) Etf. Gli Exchange traded fund sono fondi a gestione passiva, quotati in Borsa Italiana come le azioni, che replicano l'andamento del sottostante. Non hanno soglie di ingresso e commissioni di solito più basse di quelle dei fondi comuni di investimento. Nella versione Etc (Exchange traded commodity) i sottostanti sono rappresentati da contratti future o dal possesso diretto del bene fisico, come nel caso degli Etc sull'oro. Chi compra un Etc investe sulle materie prime, ma non si deve occupare dei future o di gestire la consegna fisica del sottostante. In alcuni casi hanno però strutture complesse (Etc a leva) e rischio emittente.
3) Fondi comuni. Investire nei fondi comuni è la strada più facile. Nella maggior parte dei casi il fondo non è però esposto direttamente alle materie prime ma alle società quotate più sensibili all'andamento delle commodity, come i gruppi minerari, le imprese che operano nel settore fertilizzanti e delle macchine agricole. Si tratta quindi di un investimento indiretto, che non sempre ha dato buoni risultati. Per esempio l'oro e i titoli minerari auriferi hanno dimostrato di avere in certi periodi un andamento addirittura opposto. Nel caso delle aziende agro-alimentari e i prodotti agricoli invece una correlazione esiste, ma molto dipende dall'abilità del gestore nel selezionare i titoli in grado di realizzare le migliori performance.
4) Titoli minerari. Si può investire direttamente in titoli di società minerarie, nei produttori di fertilizzanti e macchine agricole inserendoli in un portafoglio come diversificazione. Con un'eccezione per il petrolio, si tratta in maggioranza di titoli esteri che implicano quindi anche un rischio di cambio, oltre a richiedere un'adeguata conoscenza dei business e dei bilanci delle società.
5) Borse. Ci sono mercati azionari, come l'Australia e il Sudafrica, che sono correlati alle performance delle materie prime, ma anche in questo caso la relazione non è stabile nel tempo. Da inizio anno sono cresciuti rispettivamente del 10,9 e del 13,5% (indice Msci in valuta locale). L'obiettivo primario che si raggiunge in questo caso è diversificare l'investimento in mercati esteri, più che in commodity.
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