Di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Pagare un'aliquota una tantum del 15-20% e dichiarare i capitali al fisco italiano? Oppure lasciare il proprio tesoro nascosto in Svizzera ma con il rischio di dover trovare presto un altro paradiso fiscale, perché il muro del segreto bancario si sta sgretolando? È il dilemma che presto si porrà a chiunque detenga capitali nella Confederazione elvetica. Perché il trattato di pace tra Italia e Svizzera in materia fiscale potrebbe arrivare a breve. E questa volta non si tratterebbe di uno scudo temporaneo, come i tre varati da Giulio Tremonti tra il 2002 e il 2010, che fecero emergere quasi 180 miliardi, generando un gettito per le casse dello Stato di circa 8 miliardi di euro. Una cifra molto bassa per via della ridotta aliquota fiscale (dal 2,5% della prima edizione del 2002 fino al 5-7% dello scudo 2009-2010).
Allo studio del governo c'è invece una vera e propria norma che permetta al contribuente, senza scadenze precise, di fare una dichiarazione volontaria con cui fare pace con il Fisco e far riemergere i capitali detenuti all'estero e non dichiarati. Agenzie delle Entrate di Attilio Befera e commercialisti sono già al lavoro.
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