Sette griffe ai raggi x

Written By Unknown on Selasa, 27 Januari 2015 | 15.11

Il modello di pricing del settore del lusso non è più sostenibile. Sono di questo parere gli analisti di Morgan Stanley, che ritengono che i marchi tradizionali dovranno affrontare una competizione più accanita, che metterà sotto pressione i margini reddituali.

1) Burberry. Prezzo obiettivo di 1.918 pence, che implica un potenziale di rialzo dell'8%, ma che nell'ipotesi bullish (ottimista) può arrivare a 2.606 (+47%) per il gruppo che capitalizza a Londra 7,8 miliardi di sterline. I fattori di successo  sono la forza del marchio, una chiara struttura dei prezzi, le iniziative per migliorare la produttività dei punti vendita e la vincente strategia digitale. I punti di debolezza sono invece legati ai rischi del mix di prezzi (soprattutto per quanto riguarda gli articoli in pelle e gli accessori), alla deludente espansione retail in Giappone e alle incognite della linea beauty. Il titolo ha registrato da gennaio una performance del 9,3% e negli ultimi 12 mesi del 23,45. Il titolo tratta 21 volte l'utile stimato nel 2015 e 19 volte quello del prossimo anno.

2) Lvmh . Giudizio positivo (overweight) anche per il colosso francese del lusso , che ha un margine di crescita del 3,5% rispetto al target price di 146 euro, che sale a 197 euro (+40%) nello scenario bullish. Il titolo, che capitalizza oltre 70 miliardi di euro, ha un p/e intorno a 18 quest'anno, che cala a 17 nel prossimo. I punti di forza del gruppo guidato da Bernard Arnaultsono rappresentati dal portafoglio difensivo (con il marchio Lvmh  che incide per il 50% sul reddito operativo netto), dall'esposizione al travel retail e al potenziale di ripresa del segmento alcolici. Da inizio 2015 la performance è del 4% e negli ultimi 12 mesi del 14,5%.

3) Tiffany. Rating neutrale (equalweight) per il gruppo americano, che capitalizza 11,7 miliardi di dollari. Il prezzo obiettivo di 94 dollari è del 4% superiore alle quotazioni attuali, ma nell'iporesi ottimista arriva a 113,1 dollari (+25%). Il titolo viene scambiato 22 volte l'utile 2015 e 20 quello del 2016, contro una media globale del settore rispettivamente di 19,4 e 18. I punti di forza sono il migliore pricing power nei gioielli, le limitate differenze di prezzo fra le varie aree geografiche e il marchio dominante in un mercato frammentato. Potrebbe però riscontrare difficoltà muovendosi verso zone più premium price e dover affrontare rischi di debolezza negli Usa. Da inizio 2015 ha perso il 13,7%, ma la performance a un anno è ancora positiva (+10,4%).

4) Richemont. Il gruppo elvetico gode di una posizione di vantaggio nella gioielleria (35% del reddito operativo netto), che consente un elevato pricing power, anche se l'abbandonato il 15 gennaio scorso, da parte della Snb, del peg contro l'euro a 1,20, ha creato notevoli pressioni sul fronte dei cambi, che non potranno facilmente essere bilanciate. Il target price di 72 franchi svizzeri è inferiore alle quotazioni attuali (76), ma nello scenario più favorevole c'è uno spazio di crescita fino a 100 franchi svizzeri (+31,6%). Il titolo, che ha un p/e 2015 di 20, in calo a 18,5 nel 2016, da gennaio ha lasciato sul terreno il 16,5%. Anche la performance a un anno è negativa (-12%).

5) Prada. Prezzo obiettivo di 40,7 dollari di Hong Kong, inferiore alla quotazione attuale di 42,3 per il titolo (108,2 dollari di dollari di Hk di capitalizzazione) che dall'inizio del 2015 è sceso del 4% e dal gennaio 2014 del 30,7%. Nell'ipotesi bullish il target è 57,1 dollari di Hk (+36%). I punti a suo favore sono la crescita dei volumi di vendita, supportati dal continuo lancio di nuovi modelli, mentre ci sono effetti negativi legati alla confusa strategia di prezzo. Il titolo è sopravvalutato, visto che tratta 22,7 volte l'utile 2015 e 22,6 quello del 2016. Il giudizio neutrale (equalweight).

6) Kering . Al colosso del lusso, che capitalizza 22,6 miliardi di euro, è stato assegnato un prezzo obiettivo di 163 euro, che è inferiore alla quotazione attuale di 178,7. Nello scenario ottimista è invece 220 euro (+27%). Sul futuro della società pesa il cambio del management di Gucci, che potrebbe tuttavia accelerare le vendite, proteggendo nello stesso tempo il pricing power. Beneficia inoltre della forza dei brand più piccoli, come Bottega Veneta e Saint Laurent. Il lusso rappresenta il 90% del reddito operativo netto. I rischi possono invece essere legati a un negativo price mix e al fatto che alle non evidenti sinergie del marchio Puma con il resto del gruppo. Il titolo, che viene scambiato intorno a 15 volte l'utile 2015 e 2016, ha registrato da inizio 2015 una performance del 12,7%, che negli ultimi 12 mesi sale al 22,3%. Il rating è equalweight.

7) Swatch. Giudizio negativo (underweight) sul gruppo elvetico, a causa dell'aumento della concorrenza dei nuovi modelli, dell'alto livello delle scorte e dal limitato pricing power che non potrà contrastare la minore competitività delle esportazioni legata al cambio. Il principale punto a suo favore è invece l'esposizione verso i consumatori di reddito medio in Cina. Il titolo, che è sceso del 17,5% da gennaio e del 31,6% negli ultimi 12 mesi, è valutato 328 franchi svizzeri, contro una quotazione attuale di 360,6. Nello scenario più ottimista il target è 440 franchi.


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