L'Istat vede timidi segnali positivi, ma aumento Iva interessa 80% spesa per consumi

Written By Unknown on Selasa, 23 Oktober 2012 | 15.11

Di Francesca Gerosa

Dall'analisi della congiuntura economica sono emersi "ulteriori segnali incoraggianti", ma sui dati serve comunque cautela. A sostenerlo il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, durante un'audizione sulla legge di stabilità davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Un mese fa, ha ricordato, l'Istituto segnalava come l'analisi della congiuntura rivelasse alcuni primi, seppur timidi, segnali positivi. Ulteriori segnali incoraggianti, ma non univoci, sono emersi nelle ultime settimane. Tuttavia, ha aggiunto Giovannini, la cautela nell'interpretazione di questi dati è d'obbligo vista la difficoltà a destagionalizzare, in una fase congiunturale incerta come l'attuale, i dati relativi ad agosto.

"Nei prossimi mesi è probabile che si verifichi un rallentamento del ritmo di crescita dei prezzi per tutte le principali componenti", ha proseguito il presidente dell'Istat, sottolineando però che la propensione al risparmio delle famiglie italiane è al "minimo storico" e "segnali di sofferenza" permangono per gli italiani con un potere d'acquisto che ha avuto un crollo negli ultimi mesi.

Nel secondo trimestre il potere d'acquisto delle famiglie (cioè il reddito disponibile delle famiglie consumatrici al netto dell'inflazione) si è infatti ridotto dell'1,6% rispetto al trimestre precedente e del 4,1% rispetto al secondo trimestre del 2011, portando al 3,5% la perdita di potere d'acquisto rispetto ai primi sei mesi del 2011.

Nel periodo la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari all'8,1%, un valore che rappresenta il minimo storico assoluto, con una diminuzione dello 0,6% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% rispetto al corrispondente trimestre del 2011. E l'aumento dell'Iva certo non aiuta.

Complessivamente l'intervento sull'Iva previsto dalla legge di stabilità riguarderà i prezzi di beni e servizi relativi a quasi l'80% della spesa per consumi. Questa percentuale riguarda per intero le divisioni di spesa delle bevande alcoliche e tabacchi e dell'abbigliamento e calzature, mentre ha un'incidenza superiore al 95% per quanto riguarda i trasporti, le comunicazioni e i servizi ricettivi e di ristorazione.

"Nell'ipotesi di un completo e immediato trasferimento sui prezzi al consumo dell'aumento delle aliquote Iva previsto nel disegno di legge", ha spiegato Giovannini, "l'impatto teorico sui singoli prezzi dei prodotti sarebbe pari allo 0,83% per i beni e servizi ad Iva ordinaria e dello 0,91% per quelli su cui grava l'aliquota del 10%. I primi pesano per il 51% circa sul paniere dei prezzi al consumo, mentre i secondi pesano per circa il 29%: complessivamente, quindi la manovra interesserà prezzi di beni e servizi relativi a quasi l'80% della spesa per consumi".

Invece, gli effetti complessivi dell'intervento sull'Irpef sono di entità compresa fra lo 0,5% e lo 0,8% del reddito familiare disponibile e risultano maggiori per il ceto medio e per quello medio-alto. I meno avvantaggiati sono i redditi agli estremi della distribuzione, cioè quelli più alti e quelli più bassi.

In valore assoluto il beneficio risultante dalla riduzione delle aliquote è massimo (280 euro) per i redditi individuali superiori a 28 mila euro e si amplifica per le famiglie con più percettori di reddito, mentre è di importo minore per chi guadagna meno di 28 mila euro e per le famiglie con una sola fonte di reddito. E' del tutto inefficace per i redditi più bassi, già inclusi nella No Tax Area in base alla normativa vigente.

Il presidente dell'Istat ha segnalato che, in termini familiari, solo una minoranza delle famiglie dovrebbe sperimentare un aggravio di imposta. Secondo la microsimulazione dell'Istat la riduzione d'imposta media per famiglia, inclusiva di quella relativa alle addizionali regionali e comunali, è pari a circa 240 euro.

Più nello specifico circa 8 famiglie su dieci beneficeranno delle misure in materia fiscale contenute nella legge di stabilità che comportano un beneficio medio di 340 euro l'anno per il 77,7% delle famiglie e un aggravio di circa 290 euro per il 7,4%, mentre per il rimanente 14,9% delle famiglie l'effetto sarà sostanzialmente nullo.

Tuttavia, "le famiglie con figli, in particolare se minori, risultano avere benefici inferiori rispetto alla media del quintile di appartenenza". Il risultato dipende dal più alto rapporto fra il numero di persone che generano spese deducibili e detraibili e il numero di percettori che caratterizza queste famiglie. Le modifiche dell'Irpef penalizzano i primi e attribuiscono vantaggi solo ai secondi, attraverso la riduzione delle aliquote.

Giovannini ha anche rilevato che lo svantaggio relativo delle famiglie con figli risulta più evidente se questi sono di minore età o comunque ancora impegnati negli studi o non economicamente autosufficienti, poiché si lega al fatto che la cura dei figli riduce le probabilità di occupazione delle madri (e, per quelle occupate, costituisce un ostacolo al conseguimento di maggiori guadagni).



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