Il Fiscal Cliff perseguita i mercati anche nell'ultima seduta del 2012

Written By Unknown on Senin, 31 Desember 2012 | 15.11

Di Francesca Gerosa

Le borse europee chiudono l'ultima seduta del 2012 in calo con l'incubo del fiscal cliff che le ha perseguitate fino all'ultimo. Madrid è stata la peggiore (-1,81%) con Bankia in caduta libera in vista dell'uscita dall'indice principale (l'Ibex 35). Deboli anche Parigi (-1,47%), Francoforte (-0,57%), Londra (-0,44%) e Milano che ha seguito per tutta la giornata le consorelle europee, scivolando alla fine dello 0,82% a quota 16.273 punti.

Un'annata in chiaroscuro per il mercato italiano, che ha toccato i minimi storici in estate, per recuperare a fine anno solo parzialmente le cadute del 2011 e del 2010. Il Ftse Mib ha infatti guadagnato il 7,85% facendo meglio, tra le principali borse del Vecchio continente, solo di Londra e di Madrid.

Oggi però ha regnato ancora l'incertezza in attesa dell'incontro di questa sera alla Casa Bianca tra il presidente Barack Obama e i leader del Congresso, estremo tentativo per trovare un accordo entro il 31 dicembre per evitare che a inizio anno scatti il pacchetto di tagli automatici alla spesa e aumenti delle tasse da 500-600 miliardi negli Stati Uniti. Obama incontrerà nella Sala Ovale il leader della maggioranza al Senato, Harry Reid, quello di minoranza Mitch McConnell, lo speaker della Camera John Boehner e la leader della minoranza, Nancy Pelosi.

La Camera dei Rappresentanti ha fissato per domenica una sessione straordinaria per riuscire a trovare in extremis un accordo. Il governo tedesco della cancelliera Angela Merkel si aspetta che democratici e repubblicani raggiungano presto un'intesa. "Siamo fiduciosi", ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Martin Schaefer, "che gli Stati Uniti d'America superino ragionevolmente questa difficoltà come già avvenuto in passato anche per altre questioni di politica interna".

E' evidente, ha aggiunto Schaefer, che gli Usa hanno bisogno di una soluzione a lungo termine per la riduzione del debito e il consolidamento finanziario che non metta in difficoltà la congiuntura interna né quella mondiale. Per i repubblicani, finire nel precipizio sarebbe l'occasione per rinfacciare al presidente Obama, in un primo momento, l'aumento delle tasse, per poi votare un taglio dell'aliquota per la maggior parte degli americani.

Questa strategia permetterebbe ai repubblicani di far accettare un accordo simile a quello proposto in queste settimane, ma rimandato al mittente: un aumento delle tasse per i cittadini con redditi superiori, per esempio, ai 400.000 dollari. Al contrario, per i democratici sarebbe meglio finire nel precipizio, piuttosto che dare il via libera all'aumento delle tasse solo per i cittadini con redditi superiori al milione, come proposto da Boehner, con il suo piano B; o, peggio ancora, estendendo gli sgravi fiscali decisi dall'amministrazione Bush, ora in scadenza, a tutti.

A Washington nessuno vuole perdere, ecco perché il nuovo ministro delle Finanze, Taro Aso, che oggi ha intrattenuto una conversazione con il Segretario al Tesoro statunitense, Timothy Geithner, ha esortato la propria controparte statunitense "a lavorare duro" affinché gli Usa evitino il precipizio fiscale. "Gli ho detto che non è un problema solo degli Stati Uniti, ma una questione che impatterebbe in maniera estremamente significativa anche altri Paesi", ha concluso Aso.

"La nostra sensazione è che l'accordo verrà trovato proprio all'ultimo momento disponibile proprio per scongiurare che l'economia americana possa finire in recessione nel primo semestre", ha previsto Filippo A. Diodovich, market strategist di IG, ricordando che il fiscal cliff corrisponde a quasi 4 punti percentuali del Pil Usa.

I dati macro arrivati dagli Usa hanno peraltro mostrato anche oggi uno scenario economico tutto sommato positivo. L'indice Napm di Chicago, che si basa su un'indagine condotta sui direttori d'acquisto del settore manifatturiero, a dicembre è salito a 51,6 punti dai 50,4 punti di novembre. Anche l'indice pending home sale di novembre, relativo alla vendita di case esistenti per le quali è stato sottoscritto un preliminare ma non è stato ancora chiuso il contratto, è cresciuto dell'1,7% mese su mese a 106,4 punti e del 9,8% anno su anno.

Poco importa. I timori per un mancato accordo per evitare il fiscal cliff, che espone gli Usa anche al rischio di una bocciatura da parte delle agenzie di rating, hanno tenuto in scacco i mercati, non lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi equivalenti sceso a 318 punti (tasso del 4,51%), dopo l'asta dei Btp a 10 e 5 anni, collocati quasi tutti con rendimenti in leggero rialzo. Aveva aperto l'anno a 520 punti base. Mentre l'euro ha chiuso sopra quota 1,32 dollari a 1,3215 dollari dopo aver toccato un massimo a 1,3256 dollari.

Sul listino milanese ai segni meno più vistosi di Mediaset (-2,02% a 1,55 euro), Enel (-1,81% a 3,13 euro), Atlantia (-1,09% a 13,67 euro), in vista di un possibile riassetto che invece continua a premiare Gemina, Tenaris (-1,52% a 15,58 euro) e Diasorin (-1,08% a 30,28 euro) si sono contrapposti pochi segni positivi. I più evidenti quelli di Luxottica (+0,36% a 31,07 euro) e Mps (+0,67% a 0,2257 euro).

Tra le altre banche, Unicredit ha perso l'1,07% a 3,706 euro, nonostante la notizia che l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa e Piazza Cordusio hanno rafforzato la loro collaborazione, firmando uno specifico protocollo di intesa per favorire l'ingresso nel nostro Paese di investitori esteri. L'intesa prevede uno scambio di informazioni e di analisi fra l'Agenzia e l'istituto di credito, già partner dell'Invitalia.

E' invece rimandata a dopo le feste la decisione sul destino di Effeti, la holding partecipata in modo quasi paritetico dalla Fondazione Crt e da Ferak, che a sua volta vede tra i propri soci la Palladio Partecipazioni di Roberto Meneguzzo. La holding detiene il 2,2% del capitale di Generali a un valore di carico a 18 euro per azione contro una chiusura oggi a 13,54 euro (-0,58%). Oltre alle quote detenute tramite Effeti, Ferak, che per parte sua ha già svalutato, possiede azioni Generali anche in via diretta (l'1,02% del capitale in occasione dell'assemblea di aprile). Il destino di Effeti sarà quindi legato al valore dell'asset sottostante, il titolo Generali.

Fuori dal listino principale, forti acquisti su Reno De Medici (+18,89% a 0,15 euro) e ancora, dopo il +32% di ieri sulla scia della firma del contratto di programma Adr-Enac, Gemina (+1,51% a 1,074 euro). La holding dei Benetton su richiesta della Consob ha precisato stamni che ogni ipotesi di riassetto rimane soggetta a un'approfondita analisi, peraltro non ancora avviata, dei possibili benefici industriali e finanziari che ne potrebbero derivare. Per Cheuvreux è da favorire un'offerta in azioni, non in contanti. Nel caso di un'offerta in carta che valorizzi Gemina intorno a 1,27 euro per azione con un premio del 20%, l'aggregazione sarebbe leggermente accrescitiva sull'utile per azione 2014 post sinergie.



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