Dopo l'esito elettorale inaspettato e ben poco gradito alla Comunità internazionale, finanziaria e non, il rischio spread è tornato prontamente ad agitarsi, accompagnato da affermazioni stizzite - e fuori luogo - provenienti da personaggi anche di rilievo del mondo politico dell'Eurozona. Lo spread è salito alla ribalta della cronaca nell'autunno del 2011 quando, lievitando giorno dopo giorno fino a sorpassare quota 500 (il 5% di differenza tra i ritorni richiesti ai Btp a 10 anni e quelli offerti dagli stessi titoli di stato della Germania), ha di fatto obbligato il governo Berlusconi a cedere le redini ai tecnici di Mario Monti sostenuti da una guida politica di larghe intese.
Da allora l'inasprimento fiscale, più che i tagli promessi alla spesa pubblica improduttiva (pubblica amministrazione e politica in testa), ha consentito all'Italia di accondiscendere ai desiderata di Bruxelles e Francoforte in tema di pareggio primario di bilancio dello Stato, al prezzo di una recessione, di una disoccupazione e di un impoverimento nazionale montante.
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Ve lo do io lo spread
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