Giovedì 23 la temperatura percepita a Buenos Aires era di 47 gradi centigradi. A molti mancava l'energia elettrica (i black-outs sono ormai consuetudine a Buenos Aires, l'unico interrogativo e' la loro durata, puo' variare da poche ore se si abita presso ministri o giudici federali a settimane se si ha la sfortuna di non avere nessun potente come vicino).
Eppure non e' questo l'inferno che vive il Paese preso a esempio da politici nostrani (Grillo) e Premi Nobel a borderaux (Joseph Stiglitz). In poche ore il peso si e' squagliato come neve al sole. Il cambio ufficiale da 7 a 8.4 (prima che la banca centrale dissaguandosi lo riportasse a 8) e quello che conta, l'unico al quale fino a venerdi' gli Argentini potessero comprare valuta, da 11 a 13.
Vale la pena ricordare che poche settimane prima la Presidenta aveva proclamato che chiunque volesse una svalutazione avrebbe dovuto aspettare un altro governo. La Presidenta, recentemente operatasi per un misterioso ematoma al cervello, che l'ha portata a una degenza da poco prima a poco dopo un'imbarazzante sconfitta elettorale nelle elezioni di mezzo termine, è riapparsa avendo abbandonato il lutto (ora veste di bianco) e licenziando vari Ramiro de Lorca che avevano funzionato da parafulmini per i fallimenti economici del Paese, troppo numerosi per ricordarli ma ben riassunti nella svalutazione del peso. Il potente ministro del Commercio, Guillermo Moreno, è stato licenziato e spedito a Roma come messo commerciale (ironico, visto che e' stato il responsabile del protezionismo che ha portato alla grande gelata nei rapporti con l'Europa); il ministro dell'Economia, Hernan Lorenzino, famoso per la frase "me quiero ir" (me ne voglio andare) pronunciata per terminare un'intervista quando gli si chiedeva dell'inflazione (10% nelle statistiche ufficiali ma 30% reale), è stato liquidato a negoziare il debito in default; la governatrice della Banca Centrale, Marco' del Pont, è stata licenziata senza neanche destino alternativo, eccetera.
Al loro posto, un bel ministro 45enne, marxista, Axel Kicillof. Questo ragazzo che era gia' stato l'ispiratore della nazionalizzazione senza indennizzo a Repsol di YPF (famosa la sua dichiarazione "dovrebbero loro darci un indennizzo per i danni ambientali"), ha assunto il ruolo di ministro dell'economia ma di fatto e' il braccio destro di Cristina (che appare sempre piu' di rado) e si occupa di tutto. Appena arrivato si è scontrato con la realtà. Non ci sono più soldi in cassa e nessuno dall'estero vuole investire in un Paese che non rispetta contratti, obbligazioni e proprietà privata.
Ecco che cambia idea e cerca un accordo con Repsol (8 miliardi di dollari), ecco che vola a Parigi per offrire al Club di Paesi che porta quel nome di ripagare un vecchio debito di 10 mld di dollari, torna, annuncia l'accordo e viene smentito quattro ore dopo dalla portavoce del Club. Ecco che si trova un accordo per pagare le cause perse davanti al Ciadi (il tribunale per regolare le controversie internazionali) magicamente dopo che quei crediti erano stati comprati da un fondo vicino al Vice Presidente Amado Boudou.
Nel frattempo le riserve piombano da 80 miliardi dei tempi di Nestor Kirchner a meno di 29 miliardi (ultimo dato), mentre la quantità di pesos in circolazione esplode per le spese pubbliche non supportate da investimenti esteri nè da una crescita corrispondente del Pil. Se solo si sottraessero a questi 29 mld gli 8 miliardi dovuti a Repsol e 10 miliardi dovuti al Club di Parigi, si piomberebbe a 11 miliardi. Un Paese che ha un deficit energetico annuale non lontanissimo da quella cifra non è certo in condizioni di pagare nessuno. A questo potrebbe sommarsi l'effetto di una sentenza che obbligherebbe il Paese a corrispondere il 100% del debito in default che non ha aderito ai vari swap degli ultimi dieci anni (tre per la precisione), sentenza che l'Argentina spera venga in qualche modo mitigata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Che cosa fa Cristina? Riappare in bianco dopo quasi due mesi di assenza e annuncia un sussidio di 600 pesos mensili per I giovani "ni-ni", che ne' lavorano ne' studiano. Questo dopo aver abbassato a 16anni l'eta' minima per esprimere il voto. Inutile ogni commento, soprattutto da parte di una presidenza che accusa complotti di interessi che negano la "piena occupazione" nel Paese. Del dollaro, dell'inflazione, dell'estate infernale vissuta dal Paese a 45 gradi senza elettricita' per molti, nulla. Solo silenzio, rotto solo dalla claque peronista che viene sempre organizzata a ogni sua apparizione e applaude istericamente.
Che succederà? Venerdì 24, in un tentativo disperato di frenare la svalutazione, viene annunciato che da lunedi' 27 sarà permesso, a coloro che abbiano la posizione fiscale in ordine e solo sulla base del reddito dichiarato, tornare a comprare dollari pagando "solo" il 20% di sovrattassa sul cambio ufficiale anziche' il 35% che vigeva da circa un mese. C'e' da aspettarsi una corsa agli sportelli ma è facile prevedere che il sistema elettronico dell'Afip (la locale agenzia delle entrate) subirà blocchi e rallentamenti, e che le banche apriranno le braccia per dire che loro i dollari non ce li hanno. Questo governo, in assenza di prestiti in dollari (solo il Venezuela ha prestato dollari all'Argentina, ma in questo momento ha di meglio, o di peggio, di cui occuparsi), che nella misura necessaria possono venire solo dagli Usa, direttamente o via Fmi, non potrà per molte settimane rinviare l'inevitabile, una svalutazione ancora più vistosa, con la conseguente inflazione e sconquasso sociale. Ma tant'e', Cristina parte per Cuba per un vertice sudamericano, a visitare i successi del modello economico tanto caro al bel ministro Kicillof.
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