Nonostante l'iniziale smentita, alla fine sui conti correnti e sui depositi si è abbattuta davvero una mini-patrimoniale. D'altra parte il governo sa bene che i risparmi parcheggiati in questi strumenti sono in aumento. «Secondo recenti stime, i flussi di risparmio delle famiglie, dopo la diminuzione registrata a partire dal 2006, sarebbero tornati a crescere nel 2013, collocandosi al 2,2% del pil», si legge nel Def appena presentato che prevede una stabilizzazione del dato al 2,3% nel biennio 2014-2015.
Una situazione che trova conferma nei dati Abi: a fine marzo i depositi bancari sono saliti a quota 1.220 miliardi di euro, un terzo delle attività finanziarie totali delle famiglie italiane, con una variazione del +1% su base annua, circa 12 miliardi. Cifre davanti alle quali lo Stato a caccia di risorse non ha resistito alla tentazione di aumentare la tassazione degli interessi dal 20% al 26%. E anche se oggi i conti correnti sono remunerati dalle banche a tassi da prefisso telefonico (0,39% il tasso medio dei c/c, 0,98% quello degli altri depositi), la loro consistenza è tale che anche un tasso attivo molto basso porta un gettito miliardario.
Ecco due conti, peraltro in difetto, che danno le dimensioni del fenomeno. Applicando il tasso medio dello 0,39% ai 1.220 miliardi si ottiene un flusso di interessi attivi di 4,75 miliardi all'anno, il fisco se ne prenderà il 26%, quindi 1,23 miliardi.
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