I mercati di frontiera hanno realizzato da inizio anno una performance migliore dei listini emergenti, con una brusca inversione del trend in essere dal 2009. Una situazione che si è verificata una sola volta (nel 2005) durante gli ultimi dieci anni e che ha portato gli specialisti di Ubs a interrogarsi sulle potenzialità di crescita a lungo termine degli emerging market, la cui capitalizzazione passerà, secondo le stime, dai 13 mila miliardi di dollari attuali ai 37 mila miliardi di dollari nel 2022. Pochi numeri che danno la misura delle grandi potenzialità che possono ancora offrire questi listini. Ecco cinque motivi per investire nei mercati emergenti.
1) Più peso negli indici mondiali. I mercati emergenti meritano più spazio nei portafogli azionari degli investitori. Rappresentano infatti l'80% della popolazione mondiale, il 32% del pil globale, il 26% della capitalizzazione dei listini internazionali, ma pesano solo per il 13% sul benchmark di riferimento (Msci Acwi). Gli esperti si aspettano quindi un incremento graduale di questa quota nei prossimi anni, con un impatto positivo anche sulle quotazioni.
2) La scalata ai primi posti. Il mercato azionario cinese toccherà un valore di 15 mila miliardi di dollari nel giro di dieci anni, raggiungendo la dimensione attuale del listino Usa. Ma non solo. Il mercato azionario del Brasile potrebbe diventare più grande di quello tedesco e la borsa di Mosca potrebbe avere le stesse dimensioni di quella del Canada. La definizione di "emerging market" sta quindi perdendo significato. Il consiglio degli esperti è di tenerne conto nelle decisoni di investimento.
3) Il boom dell'Africa. L'Africa sta attraendo una crescente attenzione da parte degli investitori, grazie soprattutto alla performance di due mercati azionari, come la Nigeria e il Kenya, che sono saliti di oltre il 40% dall'agosto del 2012. "L'Africa è la sola area che si svilupperà più velocemente nel prossimo decennio di quanto abbia fatto in quello passato", spiegano gli economisti della banca d'affari elvetica. Il problema per gli investitori è averne accesso. Egitto, Marocco e Nigeria sono gli unici listini africani inclusi nell'indice di Ubs, ma sono attesi progressi su questo fronte.
4) I nuovi emergenti. In un ipotetico portafoglio dei Paesi emergenti del 2022 la Cina avrebbe un peso del 40% (dal 19% attuale), l'India del 14% (dal 7%), il Brasile del 9% (dal 13%) e la Russia del 6% (costante), mentre il restante 31% sarebbe rappresentato da altri mercati. Gli analisti hanno incluso in questo gruppo anche alcuni listini di frontiera, come l'Argentina, il Bangladesh, il Kazakhstan, la Nigeria, il Pakistan, La Romania, il Venezuela e il Vietnam. I mercati invece che perderanno quota saranno la Corea del Sud, Taiwan e il Sud Africa. Secondo le loro proiezioni nel 2022 la borsa turca potrebbe essere grande quanto quella sudafricana, mentre il Messico potrebbe essere maggiore sia di Taiwan che della Corea del Sud.
5) Oltre il dominio dei Brics. Le borse dei Brics (Brasile, Russia, India e Cina) potrebbero crescere fino a rappresentare nel 2022 il 70% della capitalizzazione totale dei mercati emergenti, ma contemporaneamente aumenterà la richiesta degli investitori di indici più diversificati, e meno influenzati dall'andamento delle commodity, che porteranno allo scoperta e incentiveranno lo sviluppo di listini che finora sono stati poco considerati.
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