Telecom, Bernabè apre a un aumento di capitale per evitare downgrade

Written By Unknown on Rabu, 25 September 2013 | 15.11

Di Francesca Gerosa

L'accordo societario tra Telefonica e i soci italiani di Telco che controlla Telecom Italia, in base al quale Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo hanno diluito le loro quote nella holding, delinea un percorso che porterà Telefonica ad avere il controllo di Telco e quindi a diventare azionista di riferimento di Telecom Italia che resterà una società quotata con circa l'85% del capitale sul mercato, incluse le azioni di risparmio.

E' quanto ha voluto assicurare oggi il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, in audizione in Senato. Tuttavia ha ammesso che in queste condizioni esiste un concreto rischio di un downgrade del debito del gruppo a junk con inevitabili riflessi negativi sulla capacità di investimento nel medio termine.

Per evitare il downgrade Telecom Italia deve quindi fare un aumento di capitale. "Un'alternativa (al downgrade, ndr) è rappresentata", ha spiegato, "da un aumento di capitale di Telecom Italia, aperto a soci attuali o nuovi, nella prospettiva delle potenzialità di sviluppo dei mercati in cui opera il gruppo e del valore che può essere creato dal progetto di societarizzazione".

Un vero e proprio cambio di rotta da parte di Bernabè che ha sempre negato la necessità di un aumento di capitale per Telecom Italia. Naturalmente un aumento di capitale richiede determinate condizioni di mercato e il top manager crede che queste ci siano. "E' un momento di straordinaria liquidità, ci sono tanti investitori pronti a investire".

Questa opzione consentirebbe, inoltre, di ridare solidità finanziaria al gruppo, valorizzando al meglio le potenzialità dei nuovi investimenti e contribuendo al rilancio dell'economia nazionale in termini di occupazione, innovazione e presenza internazionale.

A questo proposito il presidente esecutivo ha comunque voluto precisare che, alla luce delle diverse opzioni perseguibili, spetta al management proporre, al consiglio di amministrazione deliberare e, da ultimo, agli azionisti riuniti in assemblea, scegliere la soluzione più vantaggiosa per Telecom Italia. Il tutto nell'ambito di un "confronto costruttivo tra le diverse articolazioni del governo societario, finalizzato alla realizzazione di un comune disegno di sviluppo della società".

Non si conosce ancora la posizione di Telefonica in merito a un potenziale aumento di capitale di TI, ma Bernabè ha voluto rimarcare che in questi anni il rapporto tra Telefonica e Telecom Italia è stato "leale e produttivo", nonostante la sovrapposizione nei mercati dell'America latina che ha generato "oggettive complessità di governance". Le due società hanno, peraltro, problematiche per molti versi comuni, legate alla necessità di ridurre un debito molto elevato e sostenere ingenti investimenti, con un mercato domestico in contrazione; problematiche che dovranno essere affrontate nel nuovo assetto azionario.

Bernabè tende invece a escludere un'eventuale cessione degli asset di Telecom Italia in America latina per evitare il downgrade perché porterebbe il colosso tlc a diventare un operatore di dimensione esclusivamente nazionale. Questa operazione determinerebbe, infatti, un forte ridimensionamento del profilo internazionale del gruppo e delle sue prospettive di crescita "e comunque potrebbe non essere realizzabile in tempi brevi, compatibili con la necessità di evitare il rischio di un downgrade".

Proprio per affrontare la sfida degli investimenti Telecom Italia avrà bisogno nei prossimi anni di risorse e in quest'ottica va inquadrata la volontà di procedere allo scorporo della rete il cui esito, tuttavia, non è scontato. "Telecom Italia", ha aggiunto Bernabè, "conferma il proprio impegno a procedere nel confronto con l'Autorità e con la Cassa depositi e prestiti, ma l'esito finale dell'operazione non è scontato e in ogni caso richiede tempi molto lunghi".

E poi ogni decisione in merito dipende dal consenso di Telco che ha una minoranza di blocco nell'azionariato. "Io", ha concluso Bernabè, "ho proposto lo scorporo della rete ma ci possono essere altre ipotesi. Tutte le ipotesi dipendono dal consenso di Telco. Senza il consenso di Telco nessuna proposta può essere accettata o respinta. Il management non ha potere decisionale".

Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, commentando l'accordo tra i soci italiani di Telco e Telefonica, ha chiesto di andare avanti con lo scorporo a patto che la rete telefonica resti italiana e sia pubblica. La rete, ha spiegato, è talmente fondamentale che non si può non fare questo progetto.

Per lo stesso viceministro dello Sviluppo economico, Antonio Catricalà, è "impensabile" non scorporare la rete in una società che veda l'ingresso significativo di Cassa depositi e prestiti. Tre gli obiettivi prioritari da raggiungere: garantire gli investimenti di Telecom Italia sulla fibra per la diffusione della banda larga. Poi assicurare i livelli occupazionali in Telecom e nelle aziende dell'indotto. Infine, mantenere la qualità del servizio.

Ma chi dice che Telefonica asseconderà questa richiesta? "Una collaborazione su questi temi è nella convenienza di tutti". Quanto ai debiti di Telefonica, Catricalà ha ricordato che la Cdp investe là dove c'è un ritorno sicuro e l'infrastruttura di tlc lo è. Telefonica è una società che ha i suoi debiti ma è un competitor globale più grande di Telecom Italia. E il debito dell'operatore nazionale dovrebbe, con l'operazione, rientrare in termini accettabili. Avanti quindi con lo scorporo della rete.



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