Di Francesca Gerosa
Le borse europee scendono stamani poiché non sono stati fatti passi avanti verso una soluzione alla disputa relativa al bilancio federale e al tetto del debito Usa. Democratici e Repubblicani restano lontani da un accordo sul bilancio federale che metterebbe fine alla chiusura delle amministrazioni federali; in un simile contesto appare ancora più difficile che i due schieramenti riescano ad accordarsi per alzare il tetto del debito entro il 17 di ottobre ed evitare il default.
"Entrambe le parti sono diventate più radicate nelle loro posizioni, il che implica che anche qualsiasi accordo sull'innalzamento del tetto del debito richiesto entro il 17 ottobre sembra fuori portata", hanno osservato gli esperti del Credit Agricole. "Di conseguenza è probabile che ci sia pressione sugli asset rischiosi a meno che non si veda un segnale di riavvicinamento".
Segnali che per ora non ci sono. Lo speaker repubblicano alla Camera, John Boehner, si è impegnato a votare contro l'innalzamento del tetto del debito Usa senza un "serio dialogo" su cosa guidi il debito. A suo dire il credito Usa è a rischio per il rifiuto dell'amministrazione di sedersi a un tavolo di confronto. Le parole di Boehner suonano molto diverse da quelle attribuite a lui stesso la settimana scorsa, quando ha dichiarato, a porte chiuse, ai repubblicani, che lavorerà per evitare un default.
Nell'agosto 2011 si arrivò a un accordo bipartisan in extremis, che prevedeva un rialzo di 2.100-2.400 miliardi di dollari del tetto del debito, tagli alle spese immediati per mille miliardi di dollari, fino ad arrivare a 2.100 miliardi in 10 anni e una commissione bipartisan per determinare altri tagli per 1.500 miliardi di dollari. Tuttavia, già nel marzo scorso, il mancato accordo tra repubblicani e democratici, sui tagli alla spesa, aveva fatto scattare gli odiati sequester, i tagli automatici alla spesa, che stanno frenando la ripresa americana.
Invece in Italia, archiviato il delicato passaggio della fiducia al governo Letta, i Btp si preparano alla tornata di aste di metà mese, al via giovedì con i Bot. I dettagli dell'emissione verranno comunicati questa sera, mentre domani saranno resi noti quantitativi e tipologie dei titoli a medio lungo che saranno proposti venerdì. Lo spread tra decennali Btp e Bund ha terminato la settimana scorsa sotto quota 250 punti base, dopo una puntata oltre i 300 punti base sui timori di un ritiro della fiducia al governo da parte del Pdl. Oggi scambia a 248 punti con un tasso del 4,3%.
Si apre una settimana decisiva anche per la messa a punto della legge di Stabilità, da presentare a Bruxelles entro il 15 ottobre. Il provvedimento dovrebbe contenere misure di stimolo per 10 miliardi, sarà al centro dell'incontro tra Letta e i sindacati previsto per il tardo pomeriggio.
A Piazza Affari il Ftse Mib cala dello 0,57% a 18.200 punti. Sotto i riflettori Mps, in rialzo del 2,39% a quota 0,2226 euro dopo aver convocato alle 14.30 il cda per approvare il piano di ristrutturazione. Al termine della riunione ci sarà alle 17.45 una conference call con la comunità finanziaria. Il tutto dopo che la scorsa settimana Roma e Bruxelles hanno chiuso le discussioni sul piano di ristrutturazione dell'istituto.
Dopo il passaggio oggi nel cda di Siena, il Tesoro italiano invierà l'ultima definitiva copia del documento per poter ottenere il via libera dalla Commissione europea in poco tempo. I principali punti su cui si fonda il piano sono il maxi aumento di capitale fino a 2,5 miliardi di euro, che sancirà la forte diluizione della Fondazione Mps (e che in caso di mancata sottoscrizione imporrà allo Stato la conversione dei Monti Bond), un'ulteriore razionalizzazione dei costi e una limitazione delle retribuzione dei manager.
Intanto dietro le quinte, nonostante le ultime smentite, nel mondo delle Fondazioni azioniste della Cá de Sass l'ipotesi di un intervento di Intesa Sanpaolo (-0,65% a 1,67 euro) su Mps continua a circolare con forza perché l'aumento di capitale entro il 2014 incombe e sia la situazione politica sia i cambiamenti nella Fondazione Mps andrebbero nella direzione di ridurre gli ostacoli alla fusione.
Nessuno, come al solito, scrive Milano Finanza, lo confermerà ufficialmente, ma nelle consultazioni dei giorni scorsi la prospettiva Mps sarebbe stata affrontata seppur per sommi capi. E anche questa volta in una logica "di sistema" più che di reale convenienza economica. Come è noto, infatti, Intesa è già fortemente esposta sul mercato italiano, tanto che lo stesso ad, Enrico Cucchiani, solo poche settimane prima di lasciare la guida della banca, aveva indicato agli analisti la strada di un'aggregazione cross-border.
"Tenuto conto dei contatti che ci furono in passato tra Sanpaolo e Mps e dell'esigenza di trovare una soluzione per Siena, sia nel senso di banca che di fondazione, pensiamo che gli azionisti delle due banche si parleranno, anche se vediamo ancora le probabilità di un'operazione sotto il 50% perché pensiamo che sia comunque necessario lo split di Mps in una bad bank/good bank e che vi sia l'esigenza di sostituire i 4 miliardi di Monti bond con vero capitale", commentano gli analisti di Equita (hold e target price a 0,17 euro confermati sul titolo Mps) che stimano che senza i Monti bond il Core Tier 1 aggregato Basilea 3 fully loaded andrebbe al 9,3%.
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L'impasse sul debito Usa pesa sul Ftse Mib, acquisti su Mps
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