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Zanni (Credit Suisse), il Pdl diviso è un primo passo verso un'era post Berlusconi

Written By Unknown on Senin, 30 September 2013 | 15.11

Di Francesca Gerosa

Questa sarà una settimana cruciale per il governo italiano. In attesa che mercoledì si voti la fiducia al governo Letta, Giovanni Zanni, a capo del team di ricerca economica del Credit Suisse, non può fare a meno di notare i commenti contrastanti arrivati dai membri del partito di Silvio Berlusconi.

"Oltre all'indignazione generale dei giornali italiani, tra cui quelli più vicini agli industriali, la decisione di ritirare il sostegno al governo ha ricevuto commenti contrastanti da membri chiave del Pdl, anche tra i ministri che hanno accettato di rassegnare le dimissioni a seguito della richiesta di Berlusconi", osserva Zanni.

Il commento più sconcertante è stato quella del vice premier e attuale segretario del Pdl, Alfano, il quale ha detto che, se il partito sarà preso in consegna dagli estremisti, egli sarà pro Berlusconi "in una forma differente", alludendo forse al fatto che potrebbe formare un partito di centro-destra più moderato.

Nel complesso, a detta dell'esperto del Credit Suisse, questo suggerisce che il Pdl potrebbe dividersi o almeno alcuni parlamentari del partito potrebbero lasciare e sostenere ancora un governo Letta o un governo simile, ad esempio sotto il ministro dell'Economia, Saccomani, o sotto il presidente del Senato, Grasso. Questo a sua volta potrebbe rappresentare una svolta nella politica italiana e forse il primo passo verso un'era post Berlusconi.

"La situazione è chiaramente estremamente fluida e molto può succedere, tra cui un passo indietro sorprendente da parte di Berlusconi, anche se devo ammettere che sembra improbabile in questa fase", aggiunge Zanni secondo il quale lo scenario più probabile è che Letta trovi il sostegno sufficiente per mantenere la maggioranza in Parlamento.

"I nostri calcoli suggeriscono che avrà bisogno del sostegno di parlamentari solo di alcuni membri del Pdl per essere in grado di continuare almeno fino alla prossima primavera o più, a seconda del sostegno complessivo e della qualità dei punti del programma. Su tutte queste questioni chiave, ne sapremo di più da mercoledì", ricorda l'esperto.

Se invece Letta non ottiene la fiducia in parlamento, o se si dimette prima, il presidente della Repubblica dovrà ancora provare a vedere se c'è il supporto in Parlamento per un governo. Napolitano potrebbe anche decidere di dimettersi se non viene trovata alcuna maggioranza, lasciando a un nuovo presidente la ricerca di un nuovo governo o la decisione di andare alle elezioni. "Le elezioni anticipate sono una possibilità ma la meno probabile, è l'ultima ratio, a questo punto, se tutto il resto fallisce", prevede Zanni.

Per quanto riguarda la reazione del mercato chiaramente l'esperto del Credit Suisse si aspetta oggi volatilità, incertezza e qualche ulteriore allargamento degli spread, in aggiunta alla reazione negativa accumulata nel corso delle ultime settimane, ma le cose potrebbero andare in entrambe le direzioni in seguito. Il fatto che le indagini sulle imprese stiano mostrando un certo netto miglioramento dovrebbe mettere un tappo alla volatilità per ora. Invece un downgrade, se si materializzasse a causa della crisi politica, molto probabilmente avrebbe un effetto opposto sugli spread.

Da notare che l'impatto della crisi dovrebbe essere limitato sulle finanze pubbliche. L'incapacità decisionale della politica è infatti controbilanciata dalla presenza di misure già in atto che copriranno la maggior parte del gap fiscale necessario per raggiungere l'obiettivo di disavanzo (3% del pil). "Crediamo quindi che lo slittamento a causa dell'incertezza e della mancanza di un governo sarebbe limitato a circa 1/2 pp", conclude Zanni.



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Sell off sulle banche, Intesa paga l'addio di Cucchiani

Di Francesca Gerosa

Il Ftse Mib continua a scendere (-1,91% a 17.307 punti), più degli altri indici europei, appesantito dalle banche che risentono del rialzo dello spread. A causa della crisi di governo il differenziale sul decennale Btp/Bund è a 275 punti base, con un rendimento del 4,52%. Così sul listino milanese Unicredit arretra del 3,73% a 4,59 euro, Mps del 2,78% a 0,1997 euro, Ubi Banca del 3,69% a 3,75 euro.

Male anche il Banco Popolare (-3,45% a 1,09 euro) e la Popolare di Milano (-2,44% a 0,408 euro) per nulla stuzzicata dalle indiscrezioni di stampa secondo le quali, in attesa delle decisioni sulla nuova governance (il progetto dovrebbe essere pronto per fine ottobre), la banca potrebbe trovare accordo con un'altra banca popolare per un aggregazione. In particolare con il Banco Popolare. L'ad Saviotti durante l'ultima conference call ha escluso ipotesi di aggregazioni all'orizzonte. Al momento per gli analisti di Intermonte (rating neutral su Bpm) è prematuro parlare di tale ipotesi.

Oggi è invece l'ultimo giorno utile per la disdetta del patto di sindacato di Mediobanca (-3,79% a quota 5,08 euro). Generali (2%) e Italmobiliare (2,6%) dovrebbero dare disdetta. Alla luce delle disdette gli analisti di Intermonte (rating outperform) si attendono che il patto venga rinnovato tra il 33% e il 35% del capitale.

Proprio oggi gli analisti di Equita hanno aumentato il peso del titolo Mediobanca di 50 bps nel loro portafoglio principale in quanto credono che sia una delle equity story più interessanti sul mercato grazie al miglioramento della redditività nel business bancario (legata alla crescita del margine di interesse e alla stabilizzazione/declino dei LLPS), alla visibilità sul miglioramento stesso, all'assenza di rischi nella revisione della qualità del credito asset (solo 260 milioni di NPLs con coverage 68%) e alla riduzione delle partecipazioni quotate su cui il mercato applica un holding discount. A tutto ciò si
aggiunge una valutazione attraente (buy e atrget price a 6,5 euro).



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Se cade il governo

Written By Unknown on Sabtu, 28 September 2013 | 15.11

Una sensazione di smarrimento si poteva respirare tra gli operatori di mercato durante la seduta di venerdì. Le notizie sulla possibile crisi di governo, e di un eventuale downgrade sovrano sull'Italia, hanno spinto al ribasso tutti i principali indicatori finanziari. Lo spread è tornato sopra 260 punti base e Piazza Affari è stata la borsa con il calo più rilevante in Europa (-1,27%, dopo esser stata maglia nera anche giovedì), con i titoli bancari in affanno.

Non si tratta ancora di numeri drammatici. Sono lontani dai picchi negativi del novembre 2011. Ma la sensazione degli operatori venerdì era di forte preoccupazione per i possibili sviluppi della politica italiana. Stavolta nessuno può dare la colpa alla Merkel o alle banche centrali. Le cause di una nuova turbolenza sarebbero interne e legate all'incapacità di introdurre le riforme necessarie per sbloccare il potenziale di crescita. Un chiaro segnale è arrivato dallo spread con la Spagna, che è tornato a favore del Paese iberico sin dalle prime voci di crisi di governo. 

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Carige, così Genova riemergerà

Da un cavaliere (del lavoro) a un principe. La rivoluzione che si consumerà ufficialmente lunedì 30 settembre durante l'assemblea straordinaria dei soci della Carige porterà a quella svolta gestionale, manageriale e strutturale fortemente voluto dalla Banca d'Italia.

Giovanni Berneschi, il potente presidente lascerà l'incarico e la poltrona dopo 10 anni e quindi quell'istituto ligure che ha contribuito a trasformare da operatore locale a settimo player su scala nazionale, dopo ben 56 anni. Gli subentrerà il principe Cesare Castelbarco Albani, classe 1957, broker marittimo di professione, consigliere di Carige dal 2007 e anche di Banca Leonardo (advisor dell'istituto per la cessione delle due compagnie assicurative) e già presidente della Finanziaria Ligure per lo Sviluppo. Al suo fianco ci sarà il politico di scuola Pd, Sandro Repetto, ex presidente della Provincia di Genova. A completare il terzetto operativo sarà il confermato direttore generale, Ennio La Monica.

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Piazza Affari cauta in avvio, fiato sospeso per l'asta di Btp

Written By Unknown on Jumat, 27 September 2013 | 15.11

Di Francesca Gerosa

Piazza Affari è cauta in avvio di seduta dopo la minaccia di dimissioni da parte dei parlamentari del Pdl in caso di decadenza di Silvio Berlusconi. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha definito il fatto "istituzionalmente inquietante", ha respinto ieri le pressioni del Pdl per sciogliere le Camere. Al ritorno dagli Usa il premier, Enrico Letta, salirà oggi al Quirinale e discuterà nel consiglio ministri del rinvio dell'Iva e del rapporto deficit/pil del 2013.

In un clima di incertezza politica oggi si tiene la terza e più impegnativa asta della settimana. Collocati Bot semestrali, Ctz e BTPei tra ieri e mercoledì a rendimenti in calo e con una buona domanda, l'asta di oggi è dedicata al comparto medio-lungo con l'offerta di Btp a 5 e a 10 anni per complessivi 5-6 miliardi.

In particolare, sono in offerta 2,5/3 miliardi della terza tranche del Btp 5 anni dicembre 2018 con cedola 3,50% e altrettanti miliardi della quinta riapertura del 10 anni marzo 2024. Quest'ultimo, destinato a diventare il nuovo benchmark, ha chiuso la seduta di ieri al rendimento del 4,48% a fronte del 4,33% sul maggio 2023. Secondo uno strategist sul Btp si potrà vedere un rialzo dei rendimenti ai livelli di fine agosto e cioè intorno al 4,45%.

Ieri sera lo spread di rendimento tra Btp e Bund decennali ha chiuso a 251 punti base e oggi sale a 254 punti base con un tasso del 4,37%. A Piazza Affari il Ftse Mib cala dello 0,22% a 17.833 punti. Alcune banche sono poco mosse. Intesa Sanpaolo spunta solo un +0,12% a 1,60 euro con Barclays che ha confermato il giudizio underweight e un prezzo obiettivo a 1,3 euro. Nel caso di Unicredit (+0,08% a 4,85 euro) il rating della banca d'affari resta equalweight (target price a 4,5 euro).

Secondo gli esperti di Barclays, Intesa e Unicredit dovranno alzare le coperture sui crediti non performanti per altri circa 5 miliardi di euro. Una cifra gestibile ma farà aumentare del 26% gli accantonamenti previsti. Separatamente ieri il presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, ha definito prive di qualsiasi fondamento le ipotesi di aggregazione tra Intesa e Mps (+0,72% a 0,2091 euro).

Per quanto riguarda un eventuale ricambio al vertice, l'attuale ad, Enrico Cucchiani, dovrebbe incontrare questa domenica il presidente del Consiglio di Sorveglianza, Bazoli. Tra i possibili successori si fa il nome di Carlo Messina, attuale direttore generale e a capo della Banca dei Territori.

"Diamo scarsissime chance all'ipotesi di un'aggregazione con Mps a causa delle problematiche Antitrust e anche alla luce del desiderio delle Fondazioni di ricevere flussi di dividendi stabili", sostengono stamani gli analisti di Intermonte (outperform sul titolo Intesa) secondo i quali è invece possibile il cambio della governance della banca milanese anche alla luce delle indicazioni di Banca d'Italia che sarebbe favorevole al ritorno a una governance tradizionale.

Sono sotto pressione Fiat Industrial (-1,21% a 9,80 euro), perché Morgan Stanley ha tagliato il giudizio da overweight a equaweight con un target price a 10 euro, e Tenaris (-1,96% a 17,50 euro) di cui Bank of America Merrill Lynch ha abbassato la raccomandazione da buy a neutral. Il target price dell'adr quotato a Wall Street sale da 47 a 52 dollari.



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Telecom, troppe interferenze politiche ai danni degli azionisti di minoranza

Di Francesca Gerosa

Telecom Italia anche questa mattina va in altalena a Piazza Affari. L'azione prima ha aperto la seduta in rialzo (massimo a quota 0,6005 euro), poi ha virato al ribasso e ora perde l'1% a 0,589 euro. Anche se a palazzo Madama si è presentato il sottosegretario, Alberto Giorgetti, con un atteggiamento di apertura verso una possibile modifica della legge sull'opa, dando alle singole società la possibilità di inserire nello statuto una soglia per fare scattare l'opa obbligatoria più bassa del 30% del capitale, attualmente prevista dalla legge, questo non è bastato a nascondere il disappunto del titolare del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, verso questa ipotesi.

Le aspettative di Saccomanni si concentrano tutte sul regolamento della "golden power" (la nuova golden share), oggi al vaglio del Cdm, finalizzata a imbrigliare il controllo della rete di accesso di TI per difendere un asset strategico per il Paese. D'altra parte, al momento non ci sono le condizioni per un'opa obbligatoria. Un'eventuale modifica della legge dovrebbe venire approvata entro il 31 dicembre, poiché gli accordi fra i soci di Telco prevedono che Telefonica salga in termini di diritti di voto dal primo gennaio 2014.

"C'è sì il problema della rete, da affrontare e risolvere, ma c'è anche un altro problema: Telecom Italia e Telefonica sono indebitate parimenti, e quindi hanno bisogno di vendere asset per ridurre il debito, è assolutamente realistico che Tim Brasil venga venduta e quando si tratterà di fare investimenti ovviamente sarà privilegiata la Spagna", ha affermato il segretario della Uil, Luigi Angeletti.

L'eventuale imposizione di un'opa a Telefonica in caso salisse ulteriormente nel capitale di Telco avrebbe, secondo gli analisti di Equita, l'effetto di bloccare Telefonica. "Pensiamo che gli spagnoli non siano affatto intenzionati a lanciare un'offerta totalitaria e quindi bloccherebbero eventuali incrementi di quota", spiegano alla sim. "Ma la reazione negativa del governo a un socio da tempo già presente nel capitale di Telecom Italia e l'introduzione della golden power rischiano di scoraggiare eventuali altri capitali esteri deprimendo l'appeal speculativo di TI".

Anche gli analisti di Banca Akros puntano il dito sulle potenziali implicazioni negative della crescente interferenza politica che potrebbe danneggiare gli azionisti di minoranza di Telecom Italia. "Gli interessi politici stanno prendendo il sopravvento sulle considerazioni strategiche e finanziarie e le ultime proposte rappresentano un deterrente sia per Telefonica sia per altre potenziali società interessate al controllo di TI", si legge in una nota di oggi di Banca Akros.

"Gli sforzi per preservare il controllo italiano e/o gli investimenti nella rete potrebbero avere implicazioni negative per il titolo; anche proposte che in via di principio salvaguarderebbero gli azionisti di minoranza potrebbero danneggiarne gli interessi", rincarano la dose gli analisti della banca d'affari.

Certo, è vero che un'eventuale minor soglia per l'opa, da stabilirsi per via statutaria, potrebbe obbligare Telefonica a un'offerta per l'intera Telecom Italia, ma la probabilità che questo avvenga è bassa in quanto i cambiamenti allo statuto dovrebbero essere votati da quegli stessi azionisti che stanno vendendo le loro quote agli spagnoli. Inoltre, gli analisti temono che, se il governo dovesse forzare la mano, alla fine Telefonica interromperà i suoi piani, una decisione negativa per gli azionisti di minoranza.



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Per ora niente opa su Telecom ma Vegas apre uno spiraglio

Written By Unknown on Kamis, 26 September 2013 | 15.11

Di Antonio Satta

Niente opa su Telecom. Nonostante le voci dei giorni scorsi, il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ha spiegato che attualmente la sua commissione non può in alcun modo imporre a Telefonica l'offerta pubblica d'acquisto perché la conquista del controllo sulla controllante Telco, che sarà perfezionato con il nuovo anno, non ha modificato il peso azionario nel capitale della controllata Telecom.

Tuttavia, se intervenisse una modifica normativa durante l'anno in corso, ci potrebbero essere dei margini, perché appunto la conquista della maggioranza di Telco avverrebbe solo dopo il primo gennaio 2004, e quindi non si potrebbe obiettare che le nuove disposizioni non possono avere effetto retroattivo.

"L'attuale normativa italiana lega l'obbligo di opa al superamento del 30% del capitale con diritto di voto, indipendentemente dal fatto che alla partecipazione acquisita corrisponda una situazione di controllo della società quotata", ha detto infatti Vegas durante un'audizione tenuta questa mattina in Senato.

"In un'operazione come quella su Telecom, in cui oggetto dell'acquisto è una partecipazione in una società non quotata (Telco) che detiene una partecipazione di rilievo in una società quotata (Telecom) che costituisce parte prevalente del suo patrimonio, perché ci sia obbligo di opa devono perciò verificarsi due condizioni: che l'operazione comporti l'acquisizione del controllo di Telco da parte di Telefonica; e che Telco detenga più del 30% di Telecom".

La prima condizione, ha osservato Vegas, "non sembra al momento soddisfatta perché gli accordi tra gli azionisti Telco limitano il potere di Telefonica in quanto le azioni che Telefonica ha acquisito a seguito dell'aumento di capitale riservato (e che portano la sua partecipazione in Telco sopra il 50%) sono private del diritto di voto fino al 1 gennaio 2014 e comunque subordinatamente all'ottenimento di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust (incluse quelle in Brasile e Argentina)". 


La seconda condizione, ha concluso, cioè "la detenzione di più del 30% di Telecom da parte di Telco, non è soddisfatta perché Telco detiene solo il 22,477% di Telecom e Telefonica non detiene direttamente azioni Telecom". Quindi la "sua partecipazione complessiva in Telecom, anche al momento in cui dovesse acquisire il controllo di Telco, sarebbe inferiore al 30%, a meno che non vengano effettuati ulteriori acquisti".

"Un'eventuale modifica legislativa non dovrebbe avere un effetto retroattivo e non potrebbe che applicarsi alle acquisizioni successive alla sua entrata in vigore". Tuttavia, ha aggiunto Vegas,  "va rilevato che una modifica normativa che intervenisse nell'anno in corso non avrebbe un effetto retroattivo sul caso di specie. Infatti, solo a partire dal primo gennaio 2014, o dalla successiva data in cui saranno ottenute le necessarie autorizzazioni antitrust, potrebbe ipotizzarsi l'acquisizione da parte di Telefonica di una partecipazione rilevante in Telecom, in quanto solo a partire da quel momento le azioni Telco sottoscritte da Telefonica acquisiranno il diritto di voto conferendo il controllo di diritto della società", ha spiegato.

"Si tratta di proseguire con questo spirito, per trovare, pragmaticamente, le soluzioni normative che consentano di trovare il migliore equilibrio tra le diverse esigenze che la normativa sull'opa deve necessariamente contemperare, garantendo certezza agli operatori ma anche quella dinamicità delle regole necessaria per tener conto delle mutevoli condizioni del mercato", ha concluso Vegas.



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Camfin, solo un piccolo ritocco al prezzo dell'opa

Di Francesca Gerosa

Il titolo Camfin stamani a Piazza Affari si adegua subito al nuovo prezzo dell'opa di Lauro 61 alzato dalla Consob da 0,80 euro a 0,83 euro. La Commissione di borsa ha anche riaperto i termini dell'offerta, già prorogata al 27 settembre, per 5 giorni dal 7 all'11 ottobre.

D'altra parte, secondo la Consob, c'è un legame tra l'uscita dei Malacalza dalla holding a cui fa capo Pirelli & C. e l'acquisto, sempre da parte della famiglia genovese, del 7% del gruppo degli pneumatici. In attesa che Lauro 61 faccia ricorso al Tar, come preannunciato, contro il provvedimento della Commissione, il titolo Camfin si adegua al nuovo prezzo e cede il 3,95% a 0,8275 euro.

Gli operatori avevano scommesso in un ritocco più alto del prezzo visto che ieri l'azione ha chiuso la seduta a quota 0,86 euro. Alla vigilia le adesioni all'opa hanno toccato quasi 82% del capitale, a cui va aggiunto il 2,49% di Massimo Moratti che sarà apportato in un secondo momento.

"0,83 euro per azione è un valore inferiore alla nostra stima, che in funzione delle ipotesi sottostanti potenzialmente arriva fino a circa 0,9 euro per azione", affermano stamani gli analisti di Equita che hanno aggiornato il loro target price sullo stesso livello del nuovo prezzo dell'opa e mantengono il rating reduce. Mentre gli analisti di Mediobanca Securities consigliano di aderire all'opa. Non solo.

La Consob con questo piccolo ritocco lascia le mani libere a Lauro 61. "L'impatto relativo all'esborso aggiuntivo per l'opa in caso di adesione al 100% è modesto, circa 10 milioni di euro, lasciando spazio a Lauro 61 per eventuali ulteriori arrotondamenti futuri anche a livello di Pirelli", calcolano gli analisti di Equita. A Piazza Affari il titolo Pirelli scende dell'1,37% a 10,06 euro.



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In Germania c'è più fiducia, ma le borse temono stallo su debito Usa

Written By Unknown on Rabu, 25 September 2013 | 15.11

Di Francesca Gerosa

Le borse europee sono frenate in avvio di seduta dalle perdite di Wall Street e di Tokyo in un mercato che teme uno stallo delle trattative politiche in Usa sulla questione del tetto del debito. L'autorizzazione del Congresso al governo sull'attività di spesa scade il 30 settembre, a meno che non venga approvata una risoluzione ponte che permetta all'amministrazione di continuare a operare. Gli esponenti politici americani sono impegnati in trattative serrate ma non sono state ancora trovate delle convergenze.

Sul fronte macro, dopo il dato deludente di ieri dell'indice Ifo, l'indice che misura la fiducia dei consumatori tedeschi a ottobre è salito al massimo da sei anni a questa parte, grazie alla maggiore propensione agli acquisti supportata dal costo del denaro, attualmente al minimo storico. L'indice Gfk, basato su un'indagine condotta tra 2.000 persone, è salito a 7,1 a ottobre da 7 di settembre, dato rivisto al rialzo da 6,9. Una lettura sopra lo zero segnala crescita dei consumi privati, sotto lo zero indica contrazione.

In Francia la fiducia delle imprese sempre a settembre è scesa da 98 a 97 (era prevista in rialzo a 99). Stamani l'Istat pubblica le cifre relative alla fiducia dei consumatori a settembre. Le attese sono per un lievissimo rialzo a 98,5 dal 98,3 di agosto. Nelle prime contrattazioni, lo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi è stabile a 2239 punti per un tasso del 4,24%. Il differenziale Bonos/Bund segna 242 punti per un rendimento del 4,28%.

Oggi parte, con l'offerta di 2-2,5 miliardi di Ctz e ai 500-750 milioni di Btp indicizzati all'inflazione, la tornata d'aste di fine mese. Domani sarà la volta di Bot a 6 mesi offerti per 8,5 miliardi, su circa 9,424 miliardi di buoni in scadenza. Ieri a mercati chiusi il Tesoro ha comunicato che all'asta a medio-lungo di venerdì offrirà da 2,5 a 3 miliardi del Btp 5 anni dicembre 2018 con cedola 3,50%, da 2,5 a 3 miliardi quinta tranche Btp 10 anni marzo 2024. Il Tesoro sta studiando attentamente la possibilità di emettere anche un Btp a 7 anni.

A Piazza Affari il Ftse Mib cala dello 0,36% a quota 18.000 punti. Ancora sotto pressione Telecom Italia (-1,33% a 0,592 euro). Il presidente esecutivo Franco Bernabè ha fatto sapere che la modifica dell'assetto di Telco con il rafforzamento degli azionisti spagnoli di Telefonica saliti al 66% della holding che controlla Telecom è stata appresa dal management di TI ieri, dalla lettura dei comunicati.

Tra le banche flette dello 0,94% a 1,68 euro Intesa Sanpaolo con l'ad, Enrico Cucchiani, in bilico. Contro di lui il presidente della banca, Giovanni Bazoli, e il presidente della Fondazione che detiene il 5%, Giuseppe Guzzetti. Secondo alcune fonti vicino alla vicenda, Cucchiani potrebbe lasciare la carica entro l'anno. Carlo Messina, manager del gruppo. potrebbe prendere il suo posto. Vendite anche su Mps (-0,67% a 0,2081 euro) dopo il rinvio dell'ok al piano industriale.

bene Autogrill (+0,93% a 11,90 euro) su cui Citigroup ha confermato la raccomandazione buy, alzando il target price da 13,3 a 14 euro. Mentre su Snam (+0,58% a 3,82 euro) è intervenuto Credit Suisse portando la raccomandazione da neutral a outperform e il target price da 3,7 a 4,1 euro. Infine, Kepler Cheuvreux ha abbassato il rating su Mediaset (-2,23% a 3,15 euro) da buy a hold, viceversa Barclays ha alzato quello di Maire Tecnimont (+1,40% a 1,45 euro) da equalweight a overweight e il prezzo obiettivo da 0,80 euro a 2 euro.



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Telecom, Bernabè apre a un aumento di capitale per evitare downgrade

Di Francesca Gerosa

L'accordo societario tra Telefonica e i soci italiani di Telco che controlla Telecom Italia, in base al quale Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo hanno diluito le loro quote nella holding, delinea un percorso che porterà Telefonica ad avere il controllo di Telco e quindi a diventare azionista di riferimento di Telecom Italia che resterà una società quotata con circa l'85% del capitale sul mercato, incluse le azioni di risparmio.

E' quanto ha voluto assicurare oggi il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, in audizione in Senato. Tuttavia ha ammesso che in queste condizioni esiste un concreto rischio di un downgrade del debito del gruppo a junk con inevitabili riflessi negativi sulla capacità di investimento nel medio termine.

Per evitare il downgrade Telecom Italia deve quindi fare un aumento di capitale. "Un'alternativa (al downgrade, ndr) è rappresentata", ha spiegato, "da un aumento di capitale di Telecom Italia, aperto a soci attuali o nuovi, nella prospettiva delle potenzialità di sviluppo dei mercati in cui opera il gruppo e del valore che può essere creato dal progetto di societarizzazione".

Un vero e proprio cambio di rotta da parte di Bernabè che ha sempre negato la necessità di un aumento di capitale per Telecom Italia. Naturalmente un aumento di capitale richiede determinate condizioni di mercato e il top manager crede che queste ci siano. "E' un momento di straordinaria liquidità, ci sono tanti investitori pronti a investire".

Questa opzione consentirebbe, inoltre, di ridare solidità finanziaria al gruppo, valorizzando al meglio le potenzialità dei nuovi investimenti e contribuendo al rilancio dell'economia nazionale in termini di occupazione, innovazione e presenza internazionale.

A questo proposito il presidente esecutivo ha comunque voluto precisare che, alla luce delle diverse opzioni perseguibili, spetta al management proporre, al consiglio di amministrazione deliberare e, da ultimo, agli azionisti riuniti in assemblea, scegliere la soluzione più vantaggiosa per Telecom Italia. Il tutto nell'ambito di un "confronto costruttivo tra le diverse articolazioni del governo societario, finalizzato alla realizzazione di un comune disegno di sviluppo della società".

Non si conosce ancora la posizione di Telefonica in merito a un potenziale aumento di capitale di TI, ma Bernabè ha voluto rimarcare che in questi anni il rapporto tra Telefonica e Telecom Italia è stato "leale e produttivo", nonostante la sovrapposizione nei mercati dell'America latina che ha generato "oggettive complessità di governance". Le due società hanno, peraltro, problematiche per molti versi comuni, legate alla necessità di ridurre un debito molto elevato e sostenere ingenti investimenti, con un mercato domestico in contrazione; problematiche che dovranno essere affrontate nel nuovo assetto azionario.

Bernabè tende invece a escludere un'eventuale cessione degli asset di Telecom Italia in America latina per evitare il downgrade perché porterebbe il colosso tlc a diventare un operatore di dimensione esclusivamente nazionale. Questa operazione determinerebbe, infatti, un forte ridimensionamento del profilo internazionale del gruppo e delle sue prospettive di crescita "e comunque potrebbe non essere realizzabile in tempi brevi, compatibili con la necessità di evitare il rischio di un downgrade".

Proprio per affrontare la sfida degli investimenti Telecom Italia avrà bisogno nei prossimi anni di risorse e in quest'ottica va inquadrata la volontà di procedere allo scorporo della rete il cui esito, tuttavia, non è scontato. "Telecom Italia", ha aggiunto Bernabè, "conferma il proprio impegno a procedere nel confronto con l'Autorità e con la Cassa depositi e prestiti, ma l'esito finale dell'operazione non è scontato e in ogni caso richiede tempi molto lunghi".

E poi ogni decisione in merito dipende dal consenso di Telco che ha una minoranza di blocco nell'azionariato. "Io", ha concluso Bernabè, "ho proposto lo scorporo della rete ma ci possono essere altre ipotesi. Tutte le ipotesi dipendono dal consenso di Telco. Senza il consenso di Telco nessuna proposta può essere accettata o respinta. Il management non ha potere decisionale".

Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, commentando l'accordo tra i soci italiani di Telco e Telefonica, ha chiesto di andare avanti con lo scorporo a patto che la rete telefonica resti italiana e sia pubblica. La rete, ha spiegato, è talmente fondamentale che non si può non fare questo progetto.

Per lo stesso viceministro dello Sviluppo economico, Antonio Catricalà, è "impensabile" non scorporare la rete in una società che veda l'ingresso significativo di Cassa depositi e prestiti. Tre gli obiettivi prioritari da raggiungere: garantire gli investimenti di Telecom Italia sulla fibra per la diffusione della banda larga. Poi assicurare i livelli occupazionali in Telecom e nelle aziende dell'indotto. Infine, mantenere la qualità del servizio.

Ma chi dice che Telefonica asseconderà questa richiesta? "Una collaborazione su questi temi è nella convenienza di tutti". Quanto ai debiti di Telefonica, Catricalà ha ricordato che la Cdp investe là dove c'è un ritorno sicuro e l'infrastruttura di tlc lo è. Telefonica è una società che ha i suoi debiti ma è un competitor globale più grande di Telecom Italia. E il debito dell'operatore nazionale dovrebbe, con l'operazione, rientrare in termini accettabili. Avanti quindi con lo scorporo della rete.



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Telecom Italia agli spagnoli di Telefonica

Written By Unknown on Selasa, 24 September 2013 | 15.11

Di Giuliano Castagneto

Telecom Italia parla spagnolo. Nella notte è arrivato l'accordo tra Telefonica e gli altri azionisti di Telco, cioè Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo, che consentirà al gruppo iberico di salire dal 46 al 65% della holding che controlla il 22,4% di Telecom. Ma il gruppo guidato da Cesar Alierta ha anche ottenuto un' opzione, esercitabile del 1 gennaio 2014,  che gli consentirebbe di salire a breve termine fino al 70%. Il prezzo pattuito, secondo voci di mercato, sarebbe di 1 euro per azione.  Nel dettaglio, ecco come si articola l'operazione, secondo quanto comunicato dagli stessi azionisti di Telcc.

L'Accordo, prevede una prima fase, cui verrà data esecuzione in data odierna; e una seconda fase, la cui esecuzione è subordinata all'ottenimento da parte di Telefonica di tutte le autorizzazioni delle competenti autorità nel settore delle telecomunicazioni e antitrust. Rimane invariata la scadenza del patto parasociale fissata al 28 febbraio 2015.

Telefonica sottoscriverà in data odierna un aumento di capitale sociale di Telco, per complessivi  324 milioni di euro, da liberarsi mediante versamento in denaro, valorizzando la partecipazione in Telecom Italia posseduta da Telco ad Euro 1,09 per azione. A servizio di tale aumento di capitale saranno emesse esclusivamente azioni di Classe C prive
del diritto di voto, convertibili da Telefonica  in azioni con diritto di voto, appartenenti alla medesima classe di azioni di cui Telefonica è già titolare (azioni di Classe B).

Telco utilizzerà gli importi derivanti dall'aumento di capitale per rimborsare, immediatamente e fino a concorrenza, l'indebitamento bancario in essere in scadenza a novembre 2013. Il residuo debito bancario di Telco sarà interamente rifinanziato fino a massimi Euro 700 milioni, da Mediobanca e Intesa Sanpaolo in parti uguali, attraverso un nuovo finanziamento a condizioni di mercato. A seguito dell'aumento Telefonica si troverà a possedere il 66% del capitale di Telco Contestualmente all'aumento di capitale – recita la nota di Telco – Telefonica acquisterà, al valore nominale, dai Soci Italiani, pro quota, una parte del prestito obbligazionario emesso da Telco, cosicché la quota di tale prestito detenuta da Telefonica dopo la compravendita sarà pari al 70% del totale, ed il restante 30% sarà ripartito tra AG (17%), IS (6,5%) e MB (6,5%).

Il corrispettivo sarà costituito da azioni ordinarie di Telefonica (dalla stessa possedute), quotate alla Borsa di Madrid, valorizzate Euro 10,86 ciascuna. Tali azioni saranno liberamente liquidabili sul mercato, entro limiti quotidiani predefiniti e decorso un periodo di intrasferibilità di 15 giorni.

La seconda fase prevede che Telefonica si impegni a sottoscrivere un ulteriore aumento di capitale sociale di Telco, da liberarsi mediante versamento in denaro, per un ammontare complessivo di Euro 117 milioni, sempre con emissione di azioni prive del diritto di voto (azioni di Classe C) ed ai medesimi termini e condizioni del primo aumento di capitale di cui al precedente paragrafo A. A seguito dell'esecuzione di tale secondo aumento di capitale, che sarà subordinata all'ottenimento da parte di Telefonica di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust, la partecipazione di Telefonica in Telco salirà al 70%, senza alcuna modifica nei diritti di governance.

A decorrere dal 1 gennaio 2014, Telefonica avrà la facoltà (Opzione Call) di acquistare per cassa tutte le azioni dei Soci Italiani in Telco, a un prezzo determinato valorizzando la partecipazione di Telco in Telecom Italia al maggiore tra (i) Euro 1,1 e (ii) il prezzo di mercato delle azioni al momento dell'esercizio della Opzione Call. L'esercizio dell'Opzione sarà soggetto all'ottenimento da parte di Telefonica di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust.

In caso di esercizio della Opzione Call, Telefonica sarà obbligata ad acquistare, a valore nominale, anche tutte le quote residue del prestito obbligazionario emesso da Telco detenute dai Soci Italiani a fronte del pagamento di un corrispettivo composto per il 50% in contanti, e per il restante 50%, a scelta di Telefonica, in contanti e/o in azioni di Telefonica, a termini uguali quelli indicati ai punti precedenti.

Infine, ciascun socio di Telco mantiene la possibilità di vedersi attribuire le azioni di Telecom Italia, uscendo così dal patto parasociale, attraverso la scissione di Telco, che potrà essere richiesta durante una prima finestra tra il 15 ed il 30 giugno 2014 ed una seconda finestra tra il 1° ed 15 febbraio 2015. In linea con quanto previsto dal patto parasociale attualmente in vigore, anche la scissione sarà soggetta all'ottenimento di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust.



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Generali svaluta Telco per 65 milioni e prevede dividendo soddisfacente

Di Francesca Gerosa

Dopo l'aumento di capitale sottoscritto da Telefonica, la svalutazione netta della quota di Telco per Generali, azionista della holding che controlla Telecom Italia con una quota del 22,4%, sarà di circa 65 milioni di euro e sarà registrata nel terzo trimestre di quest'anno.

Telefonica sottoscriverà un aumento di capitale in Telco per 324 milioni di euro a parziale rimborso del debito bancario andando a diluire le quote degli altri soci Telco con Generali che passerà dal 30,6% al 19,32%. E' anche prevista la parziale conversione del finanziamento soci in azioni Telefonica valorizzate 10,86 e immediatamente liquidabili. Per cui il finanziamento soci in capo a Generali si riduce a circa 300 milioni di euro da 535 milioni.

Infine, l'accordo prevede un'opzione call a Telefonica dal 1 gennaio 2014 per acquistare le quote in Telco dei soci italiani al maggiore tra il valore implicito di Telecom Italia di 1,1 euro e il prezzo di mercato di Telecom Italia al momento dell'esercizio della call; i soci Telco mantengono la possibilità di vedersi attribuire azioni Telecom Italia con una prima finestra tra il 15/30 giugno e una seconda dal 1/15 febbraio 2015.

L'intesa raggiunta definisce quindi "in modo chiaro", come ha sottolineato la stessa Generali, i possibili periodi di uscita da Telco e riduce i rischi patrimoniali derivanti dall'eventuale futura cessione a Telefonica. L'ad di Generali, Mario Greco, ha quindi espresso la propria soddisfazione per l'accordo raggiunto precisando che è in linea con gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale del gruppo e inoltre "permette di guardare con ottimismo alla distribuzione di un dividendo soddisfacente a fine anno". Gli analisti di Nomura si aspettano un dividendo quest'anno di 0,3 euro per azione dai 0,2 euro per azione dello scorso anno.

A Piazza Affari il titolo Generali sale dello 0,73% a quota 15,09 euro. "Grazie agli accordi sottoscritti oggi, l'impatto negativo di Telco per Generali è molto ridotto", sottolineano gli analisti di Intermonte. "E' da valutare l'impatto potenziale della quota residua del finanziamento soci per 300 milioni. Confermiamo il nostro giudizio outperform su Generali con un prezzo obiettivo a 16,2 euro".



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Softec si rafforza nei servizi alle reti

Written By Unknown on Senin, 23 September 2013 | 15.11

Di Teresa Campo

Softec, società quotata all'Aim di Borsa Italiana, specializzata in attività di consulenza strategica e nello sviluppo di soluzioni tecnologiche multipiattaforma e multidevice, ha acquisito gli asset operativi relativi alle attività di digital marketing a performance di Redation.

Quest'ultima è una società specializzata in reputazione online, strategie di social media marketing, pubbliche relazioni digitali, pianificazione sui nuovi media, posizionamento del brand. Nel 2012 Redation ha registrato ricavi per 2,3 milioni di euro. Con l'operazione Alessio Semoli, amministratore delegato e socio fondatore di Redation, entrerà a far parte del consiglio di cmministrazione di Softec con responsabilità sulla divisione digital marketing a performance.

Come spiegato da Maurizio Bottaini, ceo e presidente di Softec, l'acquisizione di Redation è un tassello fondamentale del progetto avviato a fine 2012, che punta a caratterizzare l'azienda come partner ideale di tutte le imprese che puntano sulla rete come fattore di successo.



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Bpm fuori dall'Eurostoxx600, domani Cdg e Cds su governance

Di Francesca Gerosa

Il titolo della Banca Popolare di Milano oggi esce dall'indice EuroStoxx 600, mentre entra Azimut. Entrambe le azioni sono comunque in calo a Piazza Affari con Bpm che cede però solo lo 0,07% a quota 0,44 euro alla vigilia del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza che dovranno rispondere al verbale ispettivo di Bankitalia, in cui tra i punti sollevati c'è il tema della governance.

Se Via Nazionale chiede la trasformazione da cooperativa a spa, il presidente del consiglio di gestione, Andrea Bonomi, si accontenta di avere "una banca normale, che potrebbe anche prendere la forma di una non meglio precisata popolare bilanciata". Stando alle ultime indiscrezioni, si starebbe discutendo dell'ipotesi di una trasformazione in una banca popolare più aperta al mercato.

In particolare, i vertici stanno valutando la riduzione dei membri del consiglio di sorveglianza dagli attuali 19 a 13/15, un aumento nel numero dei componenti del consiglio di gestione dagli attuali 5 a 7 e una diversa ripartizione del peso tra dipendenti-soci e soci di capitale.

"Non ci attendiamo che il cambio di governance possa prevedere la trasformazione di Bpm in spa", commentano in merito gli analisti di Intermonte, secondo i quali l'ipotesi di una revisione soft dello statuto sarebbe un piccolo elemento positivo, nulla di più. "Manteniamo quindi la raccomandazione neutral e un target price a 0,42 euro sull'azione". Anche gli analisti di Equita (hold e target price a 0,50 euro) non vedono novità di rilievo rispetto alle indiscrezioni delle ultime settimane, per cui in questi termini le modifiche non sarebbero price sensitive.



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Wall Street giù dell'1,1% sulle prese di beneficio

Written By Unknown on Minggu, 22 September 2013 | 15.11

Di Valerio Testi

Wall Street prosegue incerta dopo il record segnato due giorni fa. L'indice Dow Jones ha perso l'1,1% a 15.464,76, lo S&P 500 lo 0,73% a 1.709,69 e il Nasdaq lo 0,39% a 3.774,73.

Il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ha spiegato che la decisione di non avviare a settembre il tapering è stata presa "sul filo di lana". I membri del Fomc, il braccio operativo della banca centrale americana, non hanno ancora visto dati macroeconomici buoni quanto serve per giustificare un rallentamento degli acquisti da parte della banca centrale americana e pertanto hanno deciso di adottare una politica attendista.

Il membro della Fed ha auspicato poi che il nuovo presidente della banca centrale agisca in continuità con l'operato dell'attuale numero uno, Ben Bernake, il cui mandato scadrà a gennaio. Bullard ha sottolineato come sia possibile che in futuro "alcuni dati macroeconomici possano cambiare le previsioni e indurre il Fomc ad avviare un tapering limitato ad ottobre".

Il dollaro ha reagito alle parole di Bullard rafforzandosi nei confronti delle altre principali valute: cambio euro/dollaro a 1,3527 e dollaro/yen a 99,37. Prezzo del petrolio in deciso calo. Le vendite sono legate ai realizzi, successivi ai forti guadagni precedenti, e all'aumentare delle tensioni tra Casa Bianca e Congresso sull'innalzamento del tetto del debito. Light crude Wti di New York a 104,67 dollari al barile.

Sul listino Ak Steel ha perso il 6,8% dopo aver stimato una perdita trimestrale superiore a quella prevista dagli analisti.



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Citi, 5 titoli farmaceutici da comprare e 5 da evitare

Nel settore farmaceutico, uno dei più difensivi, ecco i cinque titoli preferiti dagli esperti di Citi in un orizzonte a tre e 12 mesi. E altrettante società che è meglio evitare.

Da comprare:

1) Roche. Il gruppo elvetico (179 miliardi di dollari di capitalizzazione) è uno dei titoli preferiti dagli analisti della banca d'affari Usa perché ritengono che i solidi fondamentali consentiranno alla compagnia di diversificare l'attività dall'oncologia, con grandi benefici. Il prezzo obiettivo è 280 franchi svizzeri, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 21,7% dalle quotazioni attuali.

2) Gilead Sciences. La società quotata a Wall Street, che capitalizza 97,2 miliardi di dollari, trarrà beneficio nei prossimi tre mesi dalla forte posizione competitiva. Il prezzo obiettivo è 75 dollari, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 18% dalle quotazioni attuali.

3) Bayer. Il mercato sottostima la crescita a lungo termine sia dei ricavi sia degli utili del gruppo, che capitalizza 92 miliardi di dollari. Il prezzo obiettivo è 90 euro, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 10% dalle quotazioni attuali.

4) Medtronic. Grazie alla nuova linea di prodotti sarà in grado di riconquistare i livelli di valutazione (a premio rispetto ai competitor) che aveva in passato. Il prezzo obiettivo del titolo, che capitalizza 53,4 miliardi di dollari, è 62 dollari, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 17,5% dalle quotazioni attuali.

5) Thermo Fisher. La diversificazione in molti mercati e le operazioni di buyback consentiranno alla compagnia farmaceutica, che capitalizza 32,8 miliardi di dollari, di battere le attese del mercato su vendite e profitti. Il prezzo obiettivo è 103 dollari, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 13,8% dalle quotazioni attuali.

Da evitare:

1) GlaxoSmithKline. Da inizio anno ha registrato una performance del 14% superiore a quella del settore, ma a questo punto le possibilità di ulteriore crescita del titolo, che capitalizza 126 miliardi di dollari, sono molto limitate.

2) Allergan. Il gruppo Usa rischia di farsi battere dalla concorrenza, mentre gli utili risentiranno una pressione al ribasso. Meglio evitare di investire nel titolo, che capitalizza 26,3 miliardi di dollari.

3) St Jude Medical. Secondo gli analisti dalla società, che capitalizza 15 miliardi di dollari, arriveranno nei prossimi tre mesi più sorprese negative che positive. Meglio puntare su altri titoli.

4) Merck. Dopo il rally registrato lo scorso anno la compagnia dovrà affrontare diverse difficoltà che comprimeranno la redditività. L'utile per azione (eps) è previsto in aumento a un ritmo del 2% contro una media del 9% dei competitor europei.

5) Quest Diagnostics.  La crescita del giro d'affari resta molto debole, così come lo spazio di aumento del titolo sul listino Usa, dove capitalizza 9,3 miliardi di dollari.



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Wall Street giù dell'1,1% sulle prese di beneficio

Written By Unknown on Sabtu, 21 September 2013 | 15.11

Di Valerio Testi

Wall Street prosegue incerta dopo il record segnato due giorni fa. L'indice Dow Jones ha perso l'1,1% a 15.464,76, lo S&P 500 lo 0,73% a 1.709,69 e il Nasdaq lo 0,39% a 3.774,73.

Il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ha spiegato che la decisione di non avviare a settembre il tapering è stata presa "sul filo di lana". I membri del Fomc, il braccio operativo della banca centrale americana, non hanno ancora visto dati macroeconomici buoni quanto serve per giustificare un rallentamento degli acquisti da parte della banca centrale americana e pertanto hanno deciso di adottare una politica attendista.

Il membro della Fed ha auspicato poi che il nuovo presidente della banca centrale agisca in continuità con l'operato dell'attuale numero uno, Ben Bernake, il cui mandato scadrà a gennaio. Bullard ha sottolineato come sia possibile che in futuro "alcuni dati macroeconomici possano cambiare le previsioni e indurre il Fomc ad avviare un tapering limitato ad ottobre".

Il dollaro ha reagito alle parole di Bullard rafforzandosi nei confronti delle altre principali valute: cambio euro/dollaro a 1,3527 e dollaro/yen a 99,37. Prezzo del petrolio in deciso calo. Le vendite sono legate ai realizzi, successivi ai forti guadagni precedenti, e all'aumentare delle tensioni tra Casa Bianca e Congresso sull'innalzamento del tetto del debito. Light crude Wti di New York a 104,67 dollari al barile.

Sul listino Ak Steel ha perso il 6,8% dopo aver stimato una perdita trimestrale superiore a quella prevista dagli analisti.



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Citi, 5 titoli farmaceutici da comprare e 5 da evitare

Nel settore farmaceutico, uno dei più difensivi, ecco i cinque titoli preferiti dagli esperti di Citi in un orizzonte a tre e 12 mesi. E altrettante società che è meglio evitare.

Da comprare:

1) Roche. Il gruppo elvetico (179 miliardi di dollari di capitalizzazione) è uno dei titoli preferiti dagli analisti della banca d'affari Usa perché ritengono che i solidi fondamentali consentiranno alla compagnia di diversificare l'attività dall'oncologia, con grandi benefici. Il prezzo obiettivo è 280 franchi svizzeri, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 21,7% dalle quotazioni attuali.

2) Gilead Sciences. La società quotata a Wall Street, che capitalizza 97,2 miliardi di dollari, trarrà beneficio nei prossimi tre mesi dalla forte posizione competitiva. Il prezzo obiettivo è 75 dollari, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 18% dalle quotazioni attuali.

3) Bayer. Il mercato sottostima la crescita a lungo termine sia dei ricavi sia degli utili del gruppo, che capitalizza 92 miliardi di dollari. Il prezzo obiettivo è 90 euro, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 10% dalle quotazioni attuali.

4) Medtronic. Grazie alla nuova linea di prodotti sarà in grado di riconquistare i livelli di valutazione (a premio rispetto ai competitor) che aveva in passato. Il prezzo obiettivo del titolo, che capitalizza 53,4 miliardi di dollari, è 62 dollari, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 17,5% dalle quotazioni attuali.

5) Thermo Fisher. La diversificazione in molti mercati e le operazioni di buyback consentiranno alla compagnia farmaceutica, che capitalizza 32,8 miliardi di dollari, di battere le attese del mercato su vendite e profitti. Il prezzo obiettivo è 103 dollari, che implica un etr (performance + rendimento della cedola) del 13,8% dalle quotazioni attuali.

Da evitare:

1) GlaxoSmithKline. Da inizio anno ha registrato una performance del 14% superiore a quella del settore, ma a questo punto le possibilità di ulteriore crescita del titolo, che capitalizza 126 miliardi di dollari, sono molto limitate.

2) Allergan. Il gruppo Usa rischia di farsi battere dalla concorrenza, mentre gli utili risentiranno una pressione al ribasso. Meglio evitare di investire nel titolo, che capitalizza 26,3 miliardi di dollari.

3) St Jude Medical. Secondo gli analisti dalla società, che capitalizza 15 miliardi di dollari, arriveranno nei prossimi tre mesi più sorprese negative che positive. Meglio puntare su altri titoli.

4) Merck. Dopo il rally registrato lo scorso anno la compagnia dovrà affrontare diverse difficoltà che comprimeranno la redditività. L'utile per azione (eps) è previsto in aumento a un ritmo del 2% contro una media del 9% dei competitor europei.

5) Quest Diagnostics.  La crescita del giro d'affari resta molto debole, così come lo spazio di aumento del titolo sul listino Usa, dove capitalizza 9,3 miliardi di dollari.



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Bofa Merrill Lynch, cresce la fiducia nelle borse UE

Written By Unknown on Kamis, 19 September 2013 | 15.12

Di Roberta Castellarin

Dal sondaggio condotto da BofA Merrill Lynch di settembre tra i grandi big money emerge un sentiment molto positivo nei confronti dell'Europa, l'allocazione nelle azioni dell'area euro ha raggiunto il livello massimo di maggio 2007. Oggi il 36% degli asset allocator stanno sovrappesando le azioni della regione, un dato più che raddoppiato rispetto al 17% di agosto.

Gli investitori hanno anche segnalato la loro intenzione di mantenere un flusso di investimenti verso il Vecchio Continente. Circa il 27% degli intervistati crede che proprio l'area euro sarà la regione globale che darà maggiori soddisfazioni agli investitori nei prossimi 12 mesi. Il cambio di sentiment verso l'area è stato repentino, nel solo mese di luglio soltanto il 2% degli intervistati voleva sovrapesare le borse UE.

La maggiore fiducia verso l'Europa deriva dal fatto che oggi il 50% degli investitori ritiene che l'area uscirà dalla crisi grazie a una ripresa dell'economia e non più grazie alla politica monetaria della BCE. A luglio soltanto il 30% del panel riteneva che l'Europa avrebbe superato la crisi del debito grazie alla crescita.

Nonostante questo ottimismo verso l'Europa i livelli cash nei portafogli restano alti. "Questo si può spiegare con il fatto che gli investitori sono fiduciosi nelle borse, ma resano invece timorosi verso i mercati obbligazionari", dice Michael Hartnett, chief investment strategist di Bofa Merrill Lynch global research.



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Piazza Affari scattante con le banche, Bpm snobba Moody's

Di Francesca Gerosa

Le borse europee festeggiano dopo che la Federal Reserve ieri sera ha sorpreso i mercati mantenendo invariato il suo programma di stimoli economici. La Fed ha detto ieri, quando i mercati europei erano già chiusi, che continuerà a comprare bond per 85 miliardi di dollari al mese smentendo le attese di un avvio del piano di riduzione degli stimoli di almeno 10 miliardi. La decisione ha spinto i mercati Usa su nuovi massimi.

Il presidente della Fed, Ben Bernake, nella sua conferenza stampa successiva all'annuncio ha detto che vuole attendere di vedere maggiori segni di una crescita economica robusta, citando anche tassi ipotecari al rialzo e venti contrari in politica fiscale. Inoltre non ha voluto prendere impegni circa una riduzione degli acquisti entro quest'anno, cambiando il suo "wording" e dicendo che tale riduzione "non è su un sentiero predefinito", mentre a giugno aveva detto che ci sarebbe stata entro l'anno.

Ma cosa ha spinto la Fed a non agire? "Le ragioni le possiamo ricondurre a diversi fattori. In primo luogo, il repentino rialzo dei tassi di interesse sui titoli a lunga scadenza degli ultimi tre mesi ha messo pressione al mercato immobiliare, uno dei più cari alla Fed dopo la crisi dei subprime. La Banca centrale teme che una perdita di spinta del mattone possa rallentare i miglioramenti del mercato del lavoro e pesare sulla crescita", spiega Vincenzo Longo, market strategist di IG.

In secondo luogo, ci sono rischi di natura fiscale. È ripresa al Congresso la disputa tra repubblicani e democratici che dovranno decidere entro metà ottobre sull'innalzamento del tetto del debito, per evitare che il Paese vada in default tecnico. "A nostro avviso, i rischi derivanti da una possibile riduzione del piano di acquisto Treasury in un momento in cui il Tesoro Usa si appresta ad aumentare le emissioni potrebbero essere stati sufficienti da soli a far slittare la decisione sul tapering. Un tapering ora avrebbe poi messo ulteriore pressione al comparto governativo statunitense prima del raggiungimento dell'accordo sul tetto del debito", precisa Longo.

Infine, la mancata mossa della Fed mette in luce anche tutte le difficoltà della prima economia del mondo, che sembra non essere più in grado di camminare da sola. "Lo spettro della trappola della liquidità sta diventando sempre più incombente. Un termometro è dato dall'inflazione che rimane abbastanza contenuta, segnalando così una debolezza di fondo dei consumi", conclude l'esperto di IG. Tutto slitta ora al meeting di ottobre o dicembre, quando poi Bernanke sarà prossimo a dare l'addio alla Fed.

Così stamani a Piazza Affari il Ftse Mib sale dell'1,56% a 18.082 punti. Lo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi scende a 238 punti per un rendimento del 4,26%, mentre scemano i timori di una caduta del governo Letta dopo che ieri sera in un video messaggio Silvio Berlusconi ha annunciato il rilancio di Forza Italia e ha affermato che è possibile fare politica anche stando fuori dal Parlamento. Il differenziale Bonos/Bund si attesta a 239 punti a un tasso del 4,27%.

Sul listino milanese gli acquisti si concentrano sui bancari con Unicredit (+3,37% a 4,97 euro) e Intesa Sanpaolo (+2,67 % a 1,68 euro) in testa. Bene anche la Popolare di Milano (+2% a 0,4348 euro) spinta ancora dalla riforma della governance, un passo fondamentale per il successo dell'aumento di capitale da 500 milioni di euro già approvato e che dovrebbe essere varato a fine anno/inizio 2014.

Andrea Bonomi, presidente del Consiglio di gestione e principale azionista di Bpm, a quanto pare ha messo a punto un nuovo piano per la trasformazione della banca da cooperativa in spa ibrida, già rigettata dai sidancati in precedenza, e in popolare bilanciata con minore peso dei dipendenti soci. Il progetto della nuova governance è atteso per fine ottobre, poi dovrà essere votato dall'assemblea.

L'azione così non risente del fatto che ieri a mercato chiuso Moody's ha tagliato il rating della banca da Ba3 a B1, un downgrade di un gradino legato proprio al ritardo nel riformare la corporate governance, punto messo in evidenza diverse volte da Bankitalia.

L'outlook è negativo e riflette proprio gli specifici problemi di Bpm nella corporate governance e la pressione del contesto operativo. In particolare, Moody's ritiene che il prolungato rinvio delle necessarie riforme possa avere un impatto sulla capacità del management della banca.

L'aggiornamento del piano industriale, atteso entro la fine di ottobre 2013, deve includere, a detta di Moody's, le modifiche proposte alla governance della banca. L'agenzia non ha escluso un ulteriore downgrade della banca nel caso di incapacità nell'attuare misure che migliorino la corporate governance o nel ritardo e nell'incapacità di raccogliere interamente i 500 milioni di euro. Al momento, quindi, non ci sono pressioni al rialzo sul rating, considerando l'outlook negativo.



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Bank Pekao (Unicredit), la Polonia sta riprendendo quota

Written By Unknown on Selasa, 17 September 2013 | 15.11

La Polonia ha registrato una fase di rallentamento della crescita, ma ora sta ricominciando a "tirare". E' quanto ha spiegato Luigi Lovaglio, il presidente di Bank Pekao, una delle principali banche del Paese controllata da Unicredit. "Questo è un Paese che cresce. Pensiamo che anche questa situazione di difficoltà sia in via di superamento, con una crescita che il prossimo anno può andare dal 2% al 3%", ha commentato Lovaglio.

La Polonia, che non ha mai conosciuto il segno meno durante la crisi e solo quest'anno ha rallentato con un pil che dovrebbe attestarsi su un +1,3%, deve molto al corretto utilizzo dei fondi Ue. Ma è anche riuscita ad attirare investimenti grazie al basso costo del lavoro e al livello elevato della sua manodopera.

Secondo Bank Pekao, ad aiutare l'economia polacca in questi anni, oltre ai fondi di coesione, sono stati anche il basso indebitamento delle famiglie, il settore finanziario relativamente piccolo e in buona salute e un tasso di cambio flessibile. "In Polonia", ha continuato Lovaglio, "oggi lo zloty è ancora considerato uno strumento in grado di aiutare l'economia quando è necessario".

Il governo è consapevole che tuttavia questa è una visione di breve periodo. Tutti vogliono entrare nell'euro, il vero tema è quando. "Prima vogliono fare le riforme, quindi ne parlano come qualcosa che avverrà dopo il 2015". Intanto sperano di agganciare la ripresa dei Paesi vicini, da cui sono fortemente dipendenti per quanto riguarda l'export.

La Polonia, secondo quanto ha riferito l'Istituto per il commercio con l'estero, scambia con i Paesi Ue quasi il 74% del suo export. I principali mercati di sbocco per i prodotti polacchi sono Germania, Gran Bretagna e Repubblica ceca. L'Italia è la sesta, con il 4,5%. Per quanto riguarda l'import, il principale Paese è la Germania, seguita dalla Russia, dalla Cina. L'Italia è quarta con una quota del 5,1%. I dati sono del primo semestre 2013. Bank Pekao ha in Polonia 1.001 sportelli e 17mila dipendenti, una raccolta su 120 miliardi di zloty divisi equamente tra retail e corporate.



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Riprendono i contatti tra le utility italiane, Iren sarà la preda

Di Francesca Gerosa

Ampio consolidamento in vista per le utility italiane. Ieri il sindaco di Torino Fassino ha dichiarato che nelle scorse settimane sono ripresi i contatti sia con A2A sia con Acea per riprendere il tema della riorganizzazione nel campo delle multiutility.

Da notare che il Comune di Torino, insieme con il Comune di Genova e attraverso FSU, detiene una quota del 36% in Iren (capitalizzazione di mercato di 1,1 miliardi di euro), mentre gli altri soggetti potenziali da consolidare comprendono A2A (capitalizzazione di mercato di 2,2 miliardi di euro), Hera (2 miliardi la capitalizzazione di mercato) e Acea (1,5 miliardi di euro).

Iren, secondo gli analisti di Kepler Cheuvreux, sarebbe la preda. Questo è un periodo di transizione per Iren (la governance è stata completamente rivista e c'è stato un rimpasto del management a giugno; il grande sforzo a livello di capex è quasi completato e non è previsto nessun aumento significativo; l'indebitamento finanziario netto e il capitale circolante sono sotto controllo) ed è probabilmente la società migliore da sottoporre a un consolidamento, peraltro come preda dal momento che è la più piccola del gruppo e geograficamente situata tra A2A ed Hera.

Quest'ultima è invece attualmente occupata in piccole operazioni di M&A. "Vorremmo escludere Hera tra i potenziali attori coinvolti in questa proposta. Hera verrà fusa con AcegasAps dal 1 gennaio 2013, ha recentemente aperto una trattativa in esclusiva per una fusione con Amga Udine ed è prossim a un aumento di capitale da 100 milioni di euro". Peraltro si ricorda che anche che in passato ci sono stati contatti tra Hera ed Iren, ma poi tutto si è chiuso con un nulla di fatto.



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Il ritiro di Summers spinge i mercati, Fiat in evidenza

Written By Unknown on Senin, 16 September 2013 | 15.11

Di Francesca Gerosa

Le borse europee aprono la seduta in rialzo sostenute dal ritiro dalla corsa per la presidenza della Fed di Larry Summers, considerato più falco dell'attuale vice, Janet Yellen, la favorita ora alla successione di Bernanke. I mercati ora scontano tempi più lunghi per il rientro delle misure ultra-espansive adottate dall'istituto centrale Usa per ridare slancio all'economia.

Martedì torna a riunirsi la Fed e gli operatori si aspettano novità su entrambi i fronti: presidenza e tapering. A sostenere gli indici europei è anche l'accordo internazionale per distruggere le armi chimiche della Siria che ha allontanato la minaccia di un attacco.

E se in Germania gli alleati di Angela Merkel hanno vinto le elezioni in Baviera, riconquistando la maggioranza assoluta persa nel 2008, e garantendo alla cancelliera la forza dei conservatori nella regione, a una settimana dal voto, in Italia si apre una settimana particolarmente critica per la delicata tenuta del governo delle larghe intese.

Oggetto del contendere la decadenza di Silvio Berlusconi, con la giunta per le elezioni e le immunità del Senato che comincerà a votare dopo domani sera. Nelle prime contrattazioni, lo spread tra Btp e Bund scende a quota 262 punti, dopo essere risalito nei giorni scorsi fino a 267 punti a causa dell'incertezza sulla tenuta del governo. Il rendimento è al 4,56%. Il differenziale tra Bonos decennali e omologhi tedeschi segna 255 punti per un tasso del 4,49%.

A Piazza Affari il Ftse Mib sale dello 0,67% a 17.664 punti. Fiat spunta un progresso dello 0,81% a 6,20 euro dopo le dichiarazioni di Sergio Marchionne, al Financial Times. L'ad ha, in particolare, anticipato una possibile revisione dei target 2013 a fine ottobre con la presentazione dei risultati del terzo trimestre; confermato la pressione sui prezzi in Brasile, il buon andamento delle vendite in Usa e le posizioni lontane con il fondo Veba nella trattativa che riguarda il 41,5% di Chrysler: la valutazione della partecipazione per 5 miliardi di euro è considerata eccessiva da Marchionne.

A questo punto, quindi, Chrysler potrebbe procedere con un'Ipo sul Nyse nel primo trimestre 2014 facendo seguito alla richiesta avanzata da Veba di registrare il 16,6% del capitale per una possibile quotazione. La documentazione potrebbe essere depositata entro fine settembre.

"Il difficile accordo a breve tra Fiat e Veba apre la strada al rischio di un'Ipo che complicherebbe la fusione Fiat/Chrysler. Riteniamo comunque che un accordo debba essere trovato anche se probabilmente a cifre superiori alle nostre attuali ipotesi di 3/3,5 miliardi di euro per il 41,5%", sostengono gli analisti di Intermonte.

Anche gli analisti di Banca Akros (hold e target price a 6 euro) non escludono che le parti possano raggiungere un compromesso. Stimando che Chrysler valga circa 15 miliardi di dollari e che la quota di Veba valga 6,3 miliardi di dollari, credono che Fiat abbia il diritto di chiedere un miliardo di dollari di sconto dato che ha già esercitato tre opzioni call sul 10% della società.

Questo dovrebbe portare il conto per il Lingotto a 5,3 miliardi di dollari o 4 miliardi di euro, ma la società italiana sembra voler pagare meno. "La notizia negativa è scontata e non dovrebbe avere un impatto significativo sul prezzo delle azioni Fiat oggi", concludono a Banca Akros. Ma gli esperti di Mediobanca Securities (rating neutral e target price a 6,3 euro su Fiat) si aspettano un processo lungo con Veba e quindi prima un'Ipo del 25% di Chrysler.

Gli analisti di Intermonte ritengono, altresì, possibile una revisione del target di trading profit indicato a 4/4,5 miliardi per il 2013 rispetto alle loro stime di 3,9 miliardi. "Potrebbero pesare l'andamento del Brasile e il ritardo nel lancio di nuovi modelli Jeep in Usa. Il ritardo nell'accordo con Veba per Chrysler rimane alla base della nostra visione cauta sul titolo su cui confermiamo il rating underperform", concludono gli analisti di Intermonte.

A proposito di rating oggi Citigroup ha tagliato il giudizio di Telecom Italia (-2,31% a 0,593 euro) da neutral a sell (target price a 0,5 euro per le azioni ordinarie e a 0,4 euro per le risparmio). "L'unica opzione per Telecom Italia è la cessione di Tim Brasil senza il gruppo potrebbe essere costretto ad aumentare il capitale di 5-7 miliardi di euro", avvertono gli analisti di Citigroup.



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Citigroup consiglia di acquistare Tim Participacoes e vendere Telecom Italia

Di Francesca Gerosa

La vendita delle attività in Brasile è l'unica opzione e Citigroup consiglia di acquistare Tim Participacoes e vendere Telecom Italia. Gli analisti della banca d'affari restano convinti che l'unico modo per il colosso tlc italiano per evitare un aumento di capitale o il declassamento del rating sia la cessione di Tim Brasil. Un'operazione possibile a loro dire con uno spezzatino della società, come già anticipato da MF-Milano Finanza.

I tre operatori mobili rimanenti (Claro, Oi e Vivo) dovrebbero dividersi la base di clienti di Tim Brasil. Una parte significativa verrà ceduta a Oi, che beneficerà più degli altri di un break up di Tim Brasil. D'altra parte "siamo convinti che il Brasile possa sostenere solo tre grandi operatori mobili, data l'elevata tassazione imposta al settore, i significativi investimenti richiesti dal ministero e gli inevitabili tagli di Anatel", spiegano gli analisti di Citigroup.

Tuttavia una vendita di Tim Brasil ai livelli attuali fa una differenza limitata sul debito di Telecom Italia e sul rapporto enterprise value/ebitda. Per cui Telecom Italia può evitare un aumento di capitale solo se Tim Brasil viene venduta a un premio significativo. Ad esempio, una cessione a un premio del 20%, quindi a 12 real brasiliani per azione, apporterebbe un marginale beneficio per TI con un rapporto debito/ebitda a 2,5 volte (ev/ebitda di 4,1 volte). In questo caso potrà essere solo ritardato un aumento di capitale, non evitato.

Mentre la vendita di Tim Brasil a un premio del 50%, quindi 15 real brasiliani, implicherebbe un rapporto enterprise value/ebitda di 6,4 volte, un livello alto ma raggiungibile. L'impatto sulla leva finanziaria e la valutazione di TI sarebbe significativo: il rapporto debito/ebitda sarebbe pari a 2,1 e Telecom Italia tratterrebbe a un multiplo ev/ebitda di 3,9 volte rispetto a un multiplo del settore di oltre 5 volte l'ev/ebitda. Dato il potenziale di consolidamento del mercato a medio termine e il migliore, e probabilmente sostenibile, bilancio, TI diventerebbe più interessante.

Tuttavia, se la vendita di Tim Brasil non dovesse concretizzarsi, per gli esperti di Citigroup Telecom Italia sarà costretta a un aumento di capitale consistente, pari a 5-7 miliardi di euro, e quindi gli analisti vedono rischi significativi al ribasso per le azioni TI in borsa dopo il recente rally. Per questo oggi hanno tagliato il rating sul titolo ordinario (-1,40% a 0,5985 euro oggi a Piazza Affari) e di risparmio (-1,10% a 0,4785  euro) da neutral a sell. Il target price è a 0,50 euro.



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Mediobanca, se l’Italia pesa sul piano

Written By Unknown on Minggu, 15 September 2013 | 15.11

Dalla presentazione del piano strategico di Mediobanca sono passati quasi tre mesi. Troppo pochi per capire se il percorso indicato dall'ad Alberto Nagel, e sul quale c'è stata le piena condivisione dei soci, possa portare i risultati attesi: ricavi dell'attività bancaria a 2,1 miliardi al giugno 2016, con una crescita media annua del 10%, costo del rischio stabile a 150 punti base, roe del 10-11%, Core Tier 1 ratio all'11-12% e pay-out del 40%.

Per raggiungere questi obiettivi Piazzetta Cuccia intende agire su tre leve: 1) ridurre sensibilmente l'esposizione al comparto azionario, attraverso la progressiva cessione di partecipazioni per circa 1,5 miliardi, tra cui il 3% delle Generali, che a fine piano rimarrà l'unica partecipazione strategica attorno al 10%; 2) potenziare le attività nel corporate & investment banking, puntando sui mercati esteri da cui è atteso il 45% dei ricavi della divisione e ampliando la base clienti, guardando a segmenti non ancora adeguatamente coperti (imprese medio-grandi e investitori istituzionali); 3) focalizzarsi su attività a minore impiego di capitale, tra cui la nuova piattaforma di alternative asset management (Maam), il cui contributo atteso non è stato tuttavia incluso nei numeri del piano.

Tutti i dettagli su MF-MilanoFinanza, in edicola da sabato anche in formato elettronico su pc e tablet iPad, Android, Amazon Kindle e Windows 8.



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Commodity, i metalli su cui puntare

I segnali recenti che indicano una leggere ripresa dell'economia e della fiducia delle imprese non si sono riflesse positivamente sui prezzi dei metalli, che secondo gli esperti di Barclays risentono del fatto che molti dei miglioramenti annunciati erano già scontati nelle quotazioni. Ecco le loro previsioni per il quarto trimestre.

1) Rame. Sul metallo rosso, che in un mese è sceso del 3,1%, il giudizio degli specialisti della banca d'affari è negativo sell (vendere) perché dovrebbe continuare a risentire del surplus di offerta, anche se molto dipende dal ritmo di crescita della Cina. Il prezzo medio è atteso flessione nel quarto trimestre (da 7.100 a 6.850 dollari). Nel complesso la quotazione è stimata 7.257 dollari nel 2013, in calo a 6.400 nel 2014 e in netto rialzo fino a 9.500 nel 2015.

2) Palladio. Il prezzo del palladio ha subito un drastico ridimensionamento (-6,3% mensile). La quotazione media del  quarto trimestre è stimata tuttavia in recupero (da 750 a 780 dollari/oncia). Il valore medio 2013 è previsto 745 dollari/oncia, per arrivare a toccare 795 dollari nel 2014 e salire fino a 900 nel 2015.

3) Platino. Le prospettive del platino sono rialziste. anche se in un mese ha perso il 3,8%, a causa del deficit di mercato nel prossimo anno e delle tensioni legate in Sud Africa alle rinegoziazioni biennali dei salari, che porteranno a scioperi e blocchi della produzione. Il prezzo medio nel quarto trimestre è stimato 1.550 dollari/oncia, in leggero aumento da 1.510 dollari del nel terzo. Il valore medio è previsto 1.538 dollari/oncia nel 2013, 1.600 nel 21014 e 1.700 nel 2015.

4) Oro. Negli ultimi mesi le previsioni sull'andamento del metallo giallo sono state più volte riviste al ribasso, poiché gli elementi che in passato hanno trainato al rialzo le quotazioni (acquisti da parte delle banche centrali, bassi tassi di interesse e rischi di inflazione a medio termine) hanno perso di incisività. Il prezzo medio, che è rimasto stabile nell'ultimo mese, del quarto trimestre è 1.325 dollari, da 1.200 nel terzo. La quotazione è stimata 1.393 dollari/oncia nel 2013, 1.310 nel 2014 e 1.190 nel 2015.

5) Argento. Lo scenario dell''argento, che in mese ha recuperato l'1,5%, resta nel breve molto contrastato ma ha spazi di miglioramento. Il prezzo medio nel quarto trimestre (20 dollari) è previsto in leggero recupero (da 17,8 nel terzo), seguendo il metallo giallo. Il prezzo è stimato 22,8 dollari/oncia nel 2013, 19,5 nel 2014 e 17 nel 2015.

6) Piombo. Il trend ha registrato una rapida inversione (la variazione mensile è -3,4%), Nel quarto trimestre è atteso tuttavia in leggero incremento (da 2.100 a 2.200 dollari). Il prezzo medio 2013 è stimato 2.164 dollari/tonnellata, per salire a 2.263 nel 2014 e fare un balzo a 2.600 nel 2015

7) Stagno. E' uno dei pochi metalli ad avere messo a segno una variazione mensile positiva (+7,4%) grazie alla buona impostazione dei fondamentali. Secondo gli esperti, la quotazione si posizionerà intorno 24.000 dollari nel quarto trimestre da 22.500 nel terzo. In media il prezzo dello stagno è previsto 22.883 dollari nel 2013 e 26.000 sia nel 2014 che nel 2015.



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Mediobanca, se l’Italia pesa sul piano

Written By Unknown on Sabtu, 14 September 2013 | 15.11

Dalla presentazione del piano strategico di Mediobanca sono passati quasi tre mesi. Troppo pochi per capire se il percorso indicato dall'ad Alberto Nagel, e sul quale c'è stata le piena condivisione dei soci, possa portare i risultati attesi: ricavi dell'attività bancaria a 2,1 miliardi al giugno 2016, con una crescita media annua del 10%, costo del rischio stabile a 150 punti base, roe del 10-11%, Core Tier 1 ratio all'11-12% e pay-out del 40%.

Per raggiungere questi obiettivi Piazzetta Cuccia intende agire su tre leve: 1) ridurre sensibilmente l'esposizione al comparto azionario, attraverso la progressiva cessione di partecipazioni per circa 1,5 miliardi, tra cui il 3% delle Generali, che a fine piano rimarrà l'unica partecipazione strategica attorno al 10%; 2) potenziare le attività nel corporate & investment banking, puntando sui mercati esteri da cui è atteso il 45% dei ricavi della divisione e ampliando la base clienti, guardando a segmenti non ancora adeguatamente coperti (imprese medio-grandi e investitori istituzionali); 3) focalizzarsi su attività a minore impiego di capitale, tra cui la nuova piattaforma di alternative asset management (Maam), il cui contributo atteso non è stato tuttavia incluso nei numeri del piano.

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Commodity, i metalli su cui puntare

I segnali recenti che indicano una leggere ripresa dell'economia e della fiducia delle imprese non si sono riflesse positivamente sui prezzi dei metalli, che secondo gli esperti di Barclays risentono del fatto che molti dei miglioramenti annunciati erano già scontati nelle quotazioni. Ecco le loro previsioni per il quarto trimestre.

1) Rame. Sul metallo rosso, che in un mese è sceso del 3,1%, il giudizio degli specialisti della banca d'affari è negativo sell (vendere) perché dovrebbe continuare a risentire del surplus di offerta, anche se molto dipende dal ritmo di crescita della Cina. Il prezzo medio è atteso flessione nel quarto trimestre (da 7.100 a 6.850 dollari). Nel complesso la quotazione è stimata 7.257 dollari nel 2013, in calo a 6.400 nel 2014 e in netto rialzo fino a 9.500 nel 2015.

2) Palladio. Il prezzo del palladio ha subito un drastico ridimensionamento (-6,3% mensile). La quotazione media del  quarto trimestre è stimata tuttavia in recupero (da 750 a 780 dollari/oncia). Il valore medio 2013 è previsto 745 dollari/oncia, per arrivare a toccare 795 dollari nel 2014 e salire fino a 900 nel 2015.

3) Platino. Le prospettive del platino sono rialziste. anche se in un mese ha perso il 3,8%, a causa del deficit di mercato nel prossimo anno e delle tensioni legate in Sud Africa alle rinegoziazioni biennali dei salari, che porteranno a scioperi e blocchi della produzione. Il prezzo medio nel quarto trimestre è stimato 1.550 dollari/oncia, in leggero aumento da 1.510 dollari del nel terzo. Il valore medio è previsto 1.538 dollari/oncia nel 2013, 1.600 nel 21014 e 1.700 nel 2015.

4) Oro. Negli ultimi mesi le previsioni sull'andamento del metallo giallo sono state più volte riviste al ribasso, poiché gli elementi che in passato hanno trainato al rialzo le quotazioni (acquisti da parte delle banche centrali, bassi tassi di interesse e rischi di inflazione a medio termine) hanno perso di incisività. Il prezzo medio, che è rimasto stabile nell'ultimo mese, del quarto trimestre è 1.325 dollari, da 1.200 nel terzo. La quotazione è stimata 1.393 dollari/oncia nel 2013, 1.310 nel 2014 e 1.190 nel 2015.

5) Argento. Lo scenario dell''argento, che in mese ha recuperato l'1,5%, resta nel breve molto contrastato ma ha spazi di miglioramento. Il prezzo medio nel quarto trimestre (20 dollari) è previsto in leggero recupero (da 17,8 nel terzo), seguendo il metallo giallo. Il prezzo è stimato 22,8 dollari/oncia nel 2013, 19,5 nel 2014 e 17 nel 2015.

6) Piombo. Il trend ha registrato una rapida inversione (la variazione mensile è -3,4%), Nel quarto trimestre è atteso tuttavia in leggero incremento (da 2.100 a 2.200 dollari). Il prezzo medio 2013 è stimato 2.164 dollari/tonnellata, per salire a 2.263 nel 2014 e fare un balzo a 2.600 nel 2015

7) Stagno. E' uno dei pochi metalli ad avere messo a segno una variazione mensile positiva (+7,4%) grazie alla buona impostazione dei fondamentali. Secondo gli esperti, la quotazione si posizionerà intorno 24.000 dollari nel quarto trimestre da 22.500 nel terzo. In media il prezzo dello stagno è previsto 22.883 dollari nel 2013 e 26.000 sia nel 2014 che nel 2015.



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Piazza Affari sulle spine in vista dati macro e asta Btp

Written By Unknown on Kamis, 12 September 2013 | 15.12

Di Francesca Gerosa

Le borse europee confidano nei dati sulla produzione industriale della zona euro e partono in marginale rialzo. A giugno la produzione industriale dell'area aveva segnato un +0,7% mese su mese e un +0,3% anno su anno. Il consenso degli economisti prevede per il mese di luglio un +0,3% mese su mese.

Quella italiana dovrebbe mostrare un +0,2% su mese. Ieri, dopo che il pil del secondo trimestre ha mostrato una contrazione dello 0,3%, il presidente di Confindustria Squinzi ha affermato che l'Italia si avvia a uscire dalla recessione a fine 2013, definendo però "cruciale" la stabilità politica e chiedendo 4-5 miliardi per il taglio del cuneo fiscale già a ottobre con la legge di stabilità.

Torna intanto a riunirsi oggi pomeriggio la Giunta per le elezioni e immunità del Senato per definire il calendario dei lavori relativi alla decisione sulla decadenza da Senatore di Berlusconi. Il voto della giunta potrebbe essere fissato già all'inizio della settimana prossima.

Ma si fa strada anche la possibilità di un voto da parte dell'aula del Senato per metà ottobre quando verranno a coincidere anche i termini dei domiciliari per l'ex premier, dopo la condanna definitiva al processo Mediaset e il pronunciamento della corte d'Appello di Milano sul ricalcolo dell'interdizione dai pubblici uffici richiesto dalla Cassazione.

Stamani lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi equivalenti apre a 256 punti, in lieve allargamento rispetto alla chiusura di ieri (254 punti). Il rendimento è al 4,53%. Il differenziale Bonos/Bund si attesta a 253 punti per un tasso del 4,49%. Oggi in offerta ci sono il nuovo Btp a 3 anni e la riapertura del 15 anni, oltre a due CCTeu per un totale in offerta compreso tra 5 e 7,5 miliardi.

L'asta più importante è comunque quella del nuovo Btp 15/11/2016, con cedola 2,75%, anche per l'importo consistente (3-4 miliardi). Questo titolo quotava ieri al mercato grigio a un rendimento del 2,77%, che rappresenterebbe il massimo dall'autunno dello scorso anno.

A Piazza Affari il Ftse Mib segna un +0,06% a 17.573 punti. Mps è ferma sulla parità a quota 0,2073 euro dopo che ieri il cda ha confermato che andrà avanti col piano di ristrutturazione dettato dall'Antitrust europeo in sintonia col Ministero dell'economia. Un piano che, tra i vari paletti imposti, prevede una maxi-operazione in aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, che se dovesse fallire costringerà l'istituto a essere nazionalizzato.

Adesso, quindi, le linee guida del piano, ieri illustrate al cda, saranno studiate nel dettaglio. Il tutto dovrà essere pronto per il 24 settembre, giorno in cui è convocato il consiglio chiamato a deliberare il salvataggio e spedire il dossier a Bruxelles per il via libera definitivo. Ancora in crescita dell'1,44% a 0,4305 euro Bpm con Bonomi che ieri ha rilanciato il tema della governance.

Da monitorare anche Impregilo (+0,47% a 3,4 euro), perché questa mattina a Milano si riunisce l'assemblea chiamata ad approvare la fusione con Salini, e Telecom Italia (+1,31% a 0,62 euro). Secondo alcune indiscrezioni nel cda del 19 il management presenterà un piano industriale aggressivo per rilanciare la società ad avviare nuovi investimenti nell'ammodernamento della rete.

Se poi Finmeccanica (+1,35% a 4,36 euro) beneficia della promozione di Kepler Cheuvreux da reduce a hold, Italcementi (-1,12% a 5,315 euro) soffre del fatto che Bernstein ha tagliato il target price da 5,7 a 4,8 euro (rating market perform). Lo stesso broker è intervenuto su Buzzi Unicem (-0,90% a 11,03 euro) portando il prezzo obiettivo da 10,9 a 10 euro (rating market perform).



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TI Media, Mtv Italia passa a Viacom per 13,4 milioni

Di Francesca Gerosa

Telecom Italia Media ha perfezionato la cessione del 51% di Mtv Italia a Viacom Media Networks per 13,4 milioni di euro. Un prezzo che tiene conto della variazione del capitale circolante. Inoltre TI Media ha rinunciato a crediti finanziari verso Mtv pari a 9,3 milioni di euro.

Con questo passaggio di proprietà, il gruppo Viacom, già socio di Mtv Italia, ha assunto il completo controllo editoriale e operativo di tutte le attività di Mtv, inclusi il canale di intrattenimento per giovani-adulti Mtv e il canale musicale free to air Mtv Music, i canali dedicati alla musica Mtv Hits e Mtv Classic, il sito www.mtv.it e Mtv Pubblicità, la concessionaria di pubblicità interna del gruppo.

Mtv ha perso 11 milioni di ebitda nel 2012 e dovrebbe sfiorare il pareggio quest'anno. A Piazza Affari il titolo TI Media festeggia la conclusione dell'accordo, segnando un progresso del 5,65% a quota 0,0897 euro. "La cessione è positiva in quanto Mtv è in perdita e rappresenta più un peso che altro per la società", afferma un analista di una sim milanese.

"Inoltre, l'operazione permetterà di liberare risorse per il gruppo", ha aggiunto l'esperto. TI Media aveva già anticipato che l'operazione avrebbe avuto un impatto sui risultati di quest'anno del gruppo, sia in termini di miglioramento della redditività sia di riduzione dell'indebitamento netto rispetto a quanto precedentemente comunicato al mercato.



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Piazza Affari in rialzo, Mps sotto pressione

Written By Unknown on Senin, 09 September 2013 | 15.11

Di Francesca Gerosa

Piazza Affari apre la seduta in rialzo (+0,28% a 17.094 punti l'indice Ftse Mib) in linea con le altre borse europee e sulla scia di Tokyo anche se resta alta la tensione all'interno della maggioranza di governo, su cui continuano a pendere le minacce del Pdl di ritirare la fiducia se dovesse essere ratificata la decadenza di Berlusconi.

I lavori dell'esecutivo, che stamane si riunisce in Consiglio dei ministri sul tema istruzione, proseguono, ma l'attenzione è rivolta alla giunta per le immunità, che da questo pomeriggio inizia a esaminare il caso dell'ex premier, i cui legali sabato hanno annunciato ricorso alla Corte europea di Strasburgo. Le probabilità che si arrivi a una decisione finale già oggi sono comunque molto limitate.

Lo spread di rendimento tra decennali italiani e tedeschi riparte da 257 punti base  (256 punti base la chiusura di venerdì), ma i Btp (tasso al 4,53%) continuano a sottoperformare non solo verso i Bund, ma anche verso i Bonos spagnoli (259 punti, tasso al 4,55 %), che hanno quasi annullato il divario con la carta italiana nel tratto a dieci anni.

In attesa da Bankitalia del supplemento al bollettino statistico, che contiene i principali indicatori bancari di luglio: particolare attenzione verrà posta ai numeri delle sofferenze, che a giugno hanno mostrato una crescita del 22% su anno dal 22,4% di maggio, quando era stato toccato il picco della serie storica iniziata nel 1998, l'attenzione sul listino milanese è puntata su Mps (-3,47% a 0,2087 euro) che nel cda previsto per l'11 settembre avvierà la discussione delle linee guida del piano di ristrutturazione, secondo quanto concordato con Bruxelles.

La sua approvazione avverrà nel board convocato per il 24 settembre. Successivamente, il piano sarà trasmesso al Tesoro per il successivo invio alla Commissione europea (l'ok dell'Ue è previsto in due mesi). Ieri il ministero dell'Economia ha spiegato che il nuovo piano prevede un aumento di capitale da 2,5 miliardi da realizzare nel corso del 2014 anziché 1 miliardo per rimborsare "una parte rilevante" dei circa 4 miliardi di Monti bond emessi a favore del Tesoro, in anticipo rispetto a quanto contemplato dall'attuale piano.

"L'aumento della dimensione della ricapitalizzazione era già stato ventilato ma il 2,5 miliardi di euro è una cifra ancora più consistente del previsto, anche se coerente con il deficit di capitale della banca incluso nella nostra valutazione, ovvero 1,8 miliardi di euro, dopo l'aumento di capitale da un miliardo di euro già annunciato", commentano gli analisti di Banca Imi (sell e target price a 0,15 euro confermati sul titolo Mps).

I dettagli tecnici dell'aumento di capitale non sono noti, ma assumendo l'esclusione del diritto di prelazione e l'emissione delle azioni al prezzo corrente di mercato, l'aumento di capitale per gli analisti di Banca Imi sarebbe pari a due volte le azioni in circolazione, con la Fondazione Mps che ridurrà la propria partecipazione dal 37,6% al 19% (prima di qualsiasi cessione di asset per ridurre il proprio debito e prima delle azioni che Mps dovrà emettere al fine di pagare la cedola 2013 in azioni dei Monti bond).

Al contrario di quelli di Banca Imi gli analisti di Mediobanca Securities (neutral e target price a 0,20 euro) non sono sorpresi dell'ammontare dell'aumento di capitale, in quanto le loro stime incorporano 2,75 miliardi di euro deficit di capitale, dopo aver assunto una riserva AFS negativa sull'esposizione al debito sovrano pari a 1,6 miliardi di euro, vale a dire dopo un notevole miglioramento dal 2012 (-2,5 miliardi) e dal 2011 (-4,4 miliardi).

Tra l'altro, se l'aumento di capitale non verrà completato, è prevista la conversione dei Monti bond in azioni. "In caso di conversione di 2,5 miliardi di Monti bond la diluzione sarebbe maggiore del 10% rispetto al nostro scenario base, ovvero tangible equity da 0,31 a 0,28 con un rapporto prezzo/tangible equity di 0,77 volte", calcolano gli analisti di Equita (hold e target price a 0,17 euro).

Se invece Mps riuscisse a completare l'aumento evitando la conversione dei Monti bond, scenario improbabile secondo gli analisti della sim, ci sarebbe una minore diluzione (circa il 15%) rispetto alle loro stime (1,4 miliardi di conversione) con un tangible equity da 0,31 a 0,37 e un rapporto prezzo/tangible equity di 0,60 volte perché la conversione avviene a sconto del 30% rispetto ai prezzi di mercato.

Mps ha rivisto il piano per rispondere "alle richieste della Commissione europea di ripristinare un modello di redditività sostenibile, intervenendo, tra l'altro, con ulteriori azioni di contenimento dei costi in aggiunta a quelle in corso di attuazione, e riducendo, in modo graduale, l'esposizione del portafoglio ai titoli governativi, senza pregiudicare il ruolo di Mps quale operatore di mercato".

"L'avvicinarsi dell'ok dell'Ue al piano di rientro dei Monti bond è una notizia positiva, specie per i bondholders, ma lo scenario per l'azionista peggiora perché, visto il rischio di esecuzione dell'aumento di capitale, aumentano i rischi di conversione dei Monti bond", osservano gli analisti di Equita, "inoltre la necessità di completare l'aumento di capitale in 12 mesi ne rende ancora più difficile la realizzazione".

Certo, aggiungono gli analisti di Banca Akros, da un lato il valore dell'aumento di capitale della banca può alimentare la speculazione di M&A, ma d'altra parte aumenta la diluizione potenziale per gli azionisti esistenti. Per cui gli esperti della banca d'affari hanno downgradato questa mattina l'azione Mps da hold a reduce con un target price invariato a 0,19 euro.

Diversamente da Mps sono ben impostate Mediobanca (+0,42% a 4,79 euro), anche se Nomura ha tagliato il target price da 6 a 5,8 euro (rating neutral), Unicredit (+0,64% a 4,40 euro) e Intesa Sanpaolo (+0,33% a 1,54 euro). Kepler Cheuvreux è invece intervenuto su Tenaris (+1,16% a 17,38 euro) portando il giudizio da reduce a hold.

Mentre il magnate egiziano Naguib Sawiris resta interessato a Telecom Italia (+0,66% a 0,613 euro), ma potrebbe non avanzare proposte considerata la preferenza del governo italiano per Telefonica, tra i potenziali partner del gruppo tlc si fanno anche i nomi di Carlos Sim, At&t e Vodafone.

Infine, Recordati segna un +0,47% a 8,62 euro dopo aver firmato una serie di accordi per l'acquisizione del 100% del capitale di Laboratorios Casen Fleet S.L.U., società farmaceutica spagnola con sede a Madrid e stabilimento produttivo a Utebo, Zaragoza. La transazione, il cui valore (enterprise value) è di 93 milioni di euro, sarà interamente finanziata con la liquidità disponibile.



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Recordati fa shopping in Spagna, attese importanti sinergie

Di Francesca Gerosa

Recordati cresce in Spagna. Il gruppo farmaceutico ha annunciato questa mattina l'acquisizione del 100% del capitale di Laboratorios Casen Fleet S.L.U., società farmaceutica spagnola con sede a Madrid e stabilimento produttivo a Utebo, Zaragoza, per 93 milioni di euro (enterprise value), una cifra interamente finanziata con la liquidità disponibile.

Il closing della transazione è previsto entro le prossime settimane, ma l'azione in borsa sale già dello 0,99% a quota 8,665 euro. Casen Fleet commercializza prodotti per la maggior parte sviluppati internamente, prevalentemente nell'area terapeutica gastroenterologica, in Spagna e Portogallo attraverso le proprie organizzazioni e in altri Paesi attraverso accordi di licenza.

Circa il 55% dei ricavi è generato dalla linea di prodotti per la preparazione per colonscopia. Il prodotto principale di questa linea è il Citrafleet, già commercializzato da Recordati in Germania. Il portafoglio prodotti comprende, inoltre, formulazioni orali per la reidratazione, probiotici e farmaci da banco con indicazione ginecologica. Circa l'80% dei ricavi deriva da vendite a privati in farmacia, non soggette a rimborso pubblico. La società ha circa 230 dipendenti e vendite nel 2012 di 45,3 milioni.

"L'acquisizione di Casen Fleet rappresenta un'ottima opportunità sia per rafforzare la nostra presenza in Spagna e migliorare la nostra redditività in questo importante mercato, il quinto mercato farmaceutico europeo, sia per acquisire un interessante portafoglio prodotti, e in particolare Citrafleet, per i quali avremo i diritti di commercializzazione a livello mondiale", ha commentato Giovanni Recordati, presidente e amministratore delegato. "Questo è di particolare rilevanza vista la nostra crescente presenza in numerosi mercati farmaceutici europei edextra-europei".

La società è stata acquisita a circa due volte le vendite, "un dato allineato alle recenti acquisizioni", osservano gli analisti di Intermonte secondo i quali si possono sviluppare interessanti sinergie visto che Recordati è già presente in Spagna con solide basi. "Confermiamo la nostra raccomandazione outperform sul titolo Recordati".



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Mps, Saccomanni e Almunia trovano intesa sul piano Aumento superiore a 1 mld

Written By Unknown on Minggu, 08 September 2013 | 15.12

Di Alberto Chimenti e Giulia Pappalepore (MF-DowJones)

Ue e ministero del Tesoro italiano hanno trovato la quadra sull'operazione di rafforzamento patrimoniale che servirà a mettere in sicurezza il Monte dei Paschi di Siena. E' quanto ha affermato il Commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, durante una conferenza stampa che si è tenuta al Workshop Ambrosetti, in corso a Villa d'Este.

L'accordo prevede che l'aumento di capitale che Rocca Salimbeni dovrà affrontare sia anche superiore a quello di un miliardo di euro, per il quale Mps aveva già ottenuto il via libera da parte delle authority. L'ad di Mps, Fabrizio Viola, interpellato su indiscrezioni di stampa che ipotizzavano un raddoppio del fabbisogno patrimoniale a 2 mld, ieri si era trincerato dietro un 'no comment'. L'aumento di capitale, secondo quanto ha sottolineato lo stesso Almunia, dovrà essere effettuato entro 12 mesi dall'ok al piano, il quale a
sua volta dovrà essere licenziato entro due mesi.

Se l'operazione di rafforzamento patrimoniale non dovesse andare in porto, "ci sarà la conversione immediata" dei circa 4 mld di Monti Bond. Tale operazione prevede l'acquisto di azioni da parte dello Stato e quindi una nazionalizzazione dell'istituto senese. Le tre principali problematiche su cui Bruxelles aveva chiesto ai vertici di Mps un'attenzione particolare in merito al piano di ristrutturazione della banca erano l'aumento di capitale, la riduzione dei costi e la revisione del business model. Almunia ha infine osservato che "l'ammontare del portafoglio titoli (di Stato, per una consistenza vicina a 25 mld euro, ndr) di Mps è troppo alto e troppo lungo come duration. Dovrebbe pertanto essere gradualmente ridotto per assicurare un adeguato business model".

Il Commissario alla Concorrenza Ue, al termine della conferenza, ha fornito qualche considerazione sui primi flebili segnali di ripresa economica in atto in Ue, dicendosi al proposito "prudente". Anche se gli indicatori di fiducia sono postivi, ha osservato Almunia, la crescita "all'inizio sarà ancora fragile e per questo dobbiamo stare attenti alle divergenze tra i Paesi. Il processo di consolidamento è ormai in atto, ma serve domandarsi a quale ritmo, ovvero se occorra agire con urgenza. Molte altre misure devono essere ancora prese a livello europeo per aumentare il nostro potenziale di crescita".



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Studio Poste-Ambrosetti: così l'Italia può recuperare il gap digitale

Recuperare terreno rispetto ai Paesi più avanzati nella diffusione dei servizi digitali e dell'e-government è una delle sfide che attendono l'Italia nei prossimi anni. Il gap - sostiene la ricerca Stato, cittadini e imprese nell'era digitale, realizzata da The European House-Ambrosetti con la collaborazione di Poste Italiane e presentata questo pomeriggio a Villa d'Este.- può tuttavia essere colmato grazie a competenze, asset, infrastrutture e tecnologie di cui il Paese dispone. Lo studio fa una diagnosi dello stato di arretratezza dell'Italia nel campo dei servizi digitali e dell'e-Government, che invece costituiscono una leva di modernizzazione e competitività del Paese, e suggerisce le linee guida per invertire la rotta.

I numeri spiegano in modo eloquente le attuali difficoltà italiane: l'economia digitale pesa solo l'1,7% del Pil rispetto
al 3,9% della media Ue. "La ricerca ha fatto emergere una situazione oggettiva di ritardo del Paese davanti alle sfide della digitalizzazione e dell'e-Government, a cui il governo sta rispondendo con l'avvio operativo dell'Agenda digitale, la cui attuazione è indispensabile per ridurre i costi a carico di privati e imprese e per ridare competitivitàall'intero sistema Paese", ha osservato il Ministro per la Pa e la Semplificazione, Gianpiero D'Alia. "Apprezziamo i suggerimenti offerti dai ricercatori, soprattutto per quanto riguarda la creazione di una partnership strategica tra Stato e aziende italiane all'avanguardia nel settore dei servizi digitali, come Poste Italiane. Avvicinare il cittadino e le imprese alla Pa semplificando le procedure vuol dire minori costi e maggiore efficienza". "L'analisi di Ambrosetti ci illustra le cause del ritardo, ma offre anche le soluzioni", ha inoltre commentato Massimo Sarmi, a.d. delle Poste. "L'Italia ha a disposizione tutti gli strumenti ed è pronta per passare rapidamente alla fase operativa del programma di e-Government.

Dal canto suo, Poste Italiane è pronta a dare il suo contributo. Nell'ultimo decennio l'azienda ha costruito un'infrastruttura tecnologica e di servizio che integra piattaforme logistiche, di pagamento e di comunicazione digitale. Poste Italiane ha compreso che questa infrastruttura integrata, unica in campo nazionale per dimensioni e applicazioni, potesse diventare anche una piattaforma da mettere a disposizione del Paese, per la realizzazione di servizi digitali di nuova generazione. Bisogna però fare presto: ogni giorno perduto amplia il digital divide tra Italia e Paesi più sviluppati in questo campo".



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Calcio, Dio salvi la Premier

Written By Unknown on Sabtu, 07 September 2013 | 15.11

La sessione estiva (1° luglio - 2 settembre) del calcio-mercato 2013-2014 sarà ricordata come quella dei record. Non solo per il trasferimento dell'attaccante gallese Gareth Bale dal Tottenham al Real Madrid per l'astronomica cifra di 100 milioni di euro, che ha superato anche i 94 milioni pagati nel 2009 dal club madrileno per acquistare Cristiano Ronaldo dal Manchester United, ma anche per quanto speso complessivamente sul mercato.

I club delle prime cinque leghe professionistiche europee (Premier League, Serie A, Liga, Bundesliga, Ligue 1) hanno infatti investito per l'acquisto di nuovi calciatori un ammontare complessivo di 2,2 miliardi. Una cifra superiore del 36% rispetto agli 1,6 miliardi spesi nella sessione di mercato estiva della stagione 2012-2013, pur a fronte di un numero di calciatori che hanno cambiato casacca che, stando alle rilevazioni del Transfer Matching System della Fifa, è rimasto pressoché invariato rispetto allo scorso anno.

Ciò significa che, a parità di transazioni eseguite, sono aumentate le valutazioni dei calciatori. Ma come è stato possibile, considerato che da questa stagione i club che parteciperanno a Champions League ed Europa League dovranno applicare i principi del Fair Play finanziario, ma soprattutto alla luce del più generale momento di difficoltà dell'economia europea?

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